Gite fuori porta: Fiesole

Tra le destinazioni di sicuro interesse che dal centro cittadino permettono una visita a corto raggio, Fiesole è quella che maggiormente resta nel cuore di fiorentini e turisti. Adagiato su una collina a 300 metri di altitudine, questo piccolo comune coniuga le bellezze della campagna toscana e il fascino del borgo medievale, offrendo al contempo una vista impareggiabile su Firenze.

 

Gli scavi e i monumenti

Nikater, CC BY-SA 4.0 via Wikimedia Commons

Fu a partire XIV secolo che Fiesole iniziò ad essere considerata uno dei sobborghi più esclusivi di Firenze. La sua storia è però molto più antica considerato che il sito in cui sorge era abitato già nel neolitico. Da semplice insediamento di epoca etrusca, la città entrò progressivamente nella sfera di influenza di Roma e fu arricchita dai primi edifici monumentali. Gli scavi nell’area archeologica visitabili oggi comprendono le terme, un tempio e uno dei più antichi teatri romani esistenti, tuttora utilizzato nelle rappresentazioni estive. Il complesso di queste strutture, che include anche il museo archeologico, costituisce l’attrattiva maggiore della zona, ma non l’unica.

La città stessa merita una visita, con le sue ville rinascimentali, i giardini segreti e i viali orlati di cipressi. Il centro del paese è dominato dall’imponente cattedrale romanica di San Romolo e dal suo caratteristico campanile a forma di torre. A pochi passi appena si trovano il palazzo vescovile e la chiesa di San Francesco, eretta al termine di una salita che conduce anche ad uno straordinario punto di osservazione su Firenze.

 

Le passeggiate in natura

Hagai Agmon-Snir, CC BY-SA 4.0 via Wikimedia Commons

Una volta completato il giro della cittadina, è sufficiente allungare lo sguardo oltre i confini del centro per scoprire un paesaggio punteggiato da cipressi, olivi e ville storiche. Le colline e la campagna che circondano Fiesole regalano agli escursionisti svariati itinerari che raggiungono anche il Monte Ceceri. È qui che Leonardo Da Vinci, in base a ricostruzioni a metà strada tra storia e leggenda, avrebbe compiuto alcuni dei suoi più ambiziosi esperimenti e collaudato le sue macchine volanti. Lo stesso inventore cita più volte questa regione nei suoi manoscritti in relazione alle possibilità ingegneristiche del volo umano. In ogni caso Leonardo era notoriamente legato a Fiesole, al punto da acquistare due piccoli appezzamenti di terreno, prossimi alle mura, dove sorgevano degli alberi da frutta e una cava di pietra.

 

Le istituzioni e gli eventi

Alessandro Vecchi, CC BY-SA 3.0 via Wikimedia Commons

Il contributo culturale della città non si limita all’ambito archeologico, come dimostrano le varie organizzazioni che si distinguono in campo artistico ed accademico. Dal 1962 inoltre qui si tiene ogni anno l’Estate Fiesolana, il più antico festival multidisciplinare all’aperto d’Italia. Si tratta di una manifestazione che porta nel teatro romano le migliori performance internazionali e che allestisce anche uno dei cinema sotto le stelle più apprezzati dell’area fiorentina, con un calendario all’insegna della cultura e dello spettacolo in grado di rendere ancora più speciale la cornice unica del paese.

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24 marzo, Gelato Day

Oggi in molte nazioni d’Europa si festeggia una ricorrenza dedicata ad uno dei dolci più amati da tutti, che specialmente nel nostro Paese è espressione di tradizione, qualità e valorizzazione del territorio. Con l’arrivo della bella stagione celebriamo insieme la giornata europea del gelato artigianale.

 

Una dichiarazione di merito

Non è un caso se il gelato artigianale è l’unico alimento a cui il Parlamento Europeo ha riservato una giornata. Nell’indicare le motivazioni dell’assegnazione, che risale al 2012, fu rimarcato infatti come questo prodotto rappresenti “l’eccellenza in termini di qualità e sicurezza alimentare, che valorizza i prodotti agro-alimentari di ogni singolo stato membro”.

L’edizione 2025 del Gelato Day si affianca inoltre ad uno degli eventi di maggiore rilievo di quest’anno: il Giubileo. L’idea è quella di promuovere un messaggio di pace e condivisione che accomuni gli amanti del gelato e i pellegrini che da tutto il mondo raggiungono piazza San Pietro. Già dalla giornata di ieri è stata infatti organizzata una raccolta fondi di beneficenza e un’offerta di gelato ai fedeli. Protagonista assoluto dell’iniziativa è il gusto che contraddistingue la manifestazione di quest’anno, la cui ricetta è stata sviluppata tramite un’attenta selezione.

 

I gusti del Gelato Day

Fin dalla sua istituzione, ogni edizione della giornata del gelato viene rappresentata da un particolare gusto. Si tratta spesso di una scelta dedicata alla tradizione gastronomica di uno dei Paesi aderenti o alla comunità internazionale nel suo complesso. Per la giornata del 2024, il gusto selezionato fu il “Gaufre de Liège”, una ricetta belga che per l’occasione venne interpretata con un gelato con vaniglia e cannella, variegato al burro salato e accompagnato da una tipica cialda. L’edizione di quest’anno rievoca invece, anche in questo caso, le celebrazioni per il Giubileo. Il gusto del 2025 si chiama “Hallelujah” e consiste in una squisita gianduia arricchita con nocciole tostate e variegata con cioccolato puro. Durante la giornata di oggi viene proposto in tutta Europa all’interno delle gelaterie aderenti, nella sua ricetta ufficiale o in una versione rivisitata localmente.

La festa del 24 marzo resta in ogni caso l’occasione per ricordare ancora una volta il ruolo di primo piano che il gelato artigianale ricopre nell’ambito della gastronomia internazionale. I numeri del settore parlano del resto di un mercato sempre molto attivo in tutta Europa per interesse dei consumatori, volumi di vendita e fatturato. È un’ulteriore conferma di quanto forte sia la passione generale per un prodotto che, di pari passo all’universale apprezzamento nel mondo, continua ad essere simbolo di una genuina italianità.

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La giornata internazionale della felicità

Il 20 marzo di ogni anno si celebra in tutto il mondo la giornata internazionale della felicità, una ricorrenza istituita nel 2021 dall’Assemblea generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite. Il suo proposito è quello di promuovere questo sentimento come obiettivo fondamentale di ogni individuo, un’aspirazione che parte da lontano e che riguarda tutti noi.

 

Un valore senza tempo

Nel passaggio più celebre della loro dichiarazione d’indipendenza, risalente al 1776, le tredici colonie britanniche che avrebbero fondato gli Stati Uniti d’America rimarcavano come tra i diritti inalienabili di ogni essere umano figurino la vita, la libertà e la ricerca della felicità.

Il film del 2006 diretto da Gabriele Muccino e interpetrato da Will Smith rende debita giustizia ad un concetto che allora come oggi risulta al tempo stesso lampante e rivoluzionario. Del resto, negli ultimi due secoli e mezzo la “verità manifesta” dei padri fondatori ha ispirato i codici legislativi di innumerevoli nazioni. Anche la Costituzione italiana sancisce che il pieno sviluppo oggettivo di una persona, visibile e condivisibile da tutti, corrisponde alla sua felicità soggettiva. Un principio elaborato quasi 2500 anni fa dal filosofo Socrate, che dimostra quanto il desiderio di una vera e completa realizzazione personale sia antico almeno quanto la civiltà stessa.

 

La classifica della felicità

Come ogni anno, la giornata vede svolgersi una rassegna di eventi live da tutto il mondo. Viene anche divulgato il World Happiness Report, una graduatoria che riporta il livello medio di soddisfazione nella vita per ogni nazione. L’edizione 2025 si concentra inoltre sul tema “cura e condivisione”, volto a ricordare che interessarsi agli altri con empatia e sentirsi parte di qualcosa di più grande contribuisce al conseguimento di una soddisfazione duratura.

Ma quali sono gli elementi che maggiormente influenzano la propria percezione della felicità? Esistono fattori comuni in grado di fare la differenza in un ambito complesso e soggettivo come l’appagamento personale?

 

Conseguimenti personali e legami affettivi

In linea di massima si può dire che la felicità dipende da una combinazione di fattori individuali e relazionali, che insieme contribuiscono al benessere generale.

Salute fisica e salute mentale giocano un ruolo importante: una buona alimentazione, l’esercizio fisico e un sonno adeguato permettono di affrontare la vita con più energia e serenità.  Altrettanto cruciali sono il senso di realizzazione personale, sia nella vita privata che sul lavoro, e la libertà nella scelta di come perseguire questo obiettivo. Anche il modo in cui si vive il presente ha un impatto rilevante sulla felicità. Concentrarsi sul qui e ora, senza rimuginare sul passato o preoccuparsi troppo del futuro, aiuta a ridurre l’ansia e mantenere un atteggiamento positivo. Dedicare del tempo alle proprie passioni, inoltre, permette di trovare un equilibrio tra dovere e piacere.

Accanto ai fattori individuali, le relazioni interpersonali sono altrettanto determinanti. Avere legami significativi con famiglia, amici e partner offre un senso di appartenenza e la presenza di un supporto. Anche il rapporto con la comunità e il contributo agli altri sono importanti: aiutare chi ne ha bisogno, fare volontariato o semplicemente essere generosi aumenta il senso di gratificazione e connessione.

 

Piccoli e grandi piaceri

Ad un livello più concreto, nella vita possono essere molte le soddisfazioni capaci di avvicinarci di un passo ad una sensazione di gioia. A cominciare dai semplici piaceri quotidiani. Per quanto sia impossibile stilare una classifica che non abbia carattere arbitrariamente personale, alcuni di essi hanno la facoltà quasi universale di rendere migliori le nostre giornate. È così per la musica, il ballo e lo sport. Lo è per una passeggiata in natura. Lo è per una storia in cui immergersi, sia essa raccontata in un romanzo o in un film. Ed è così anche per il buon cibo, preparato con passione e magari gustato in compagnia. Una fonte di convivialità che richiama l’ideale di condivisione rammentato sopra e che è in grado di incarnare al meglio l’immagine stessa della felicità.

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Prima e dopo a Firenze: le foto storiche a confronto con gli scatti di oggi

Tempo fa abbiamo pubblicato un articolo che proponeva una serie di fotografie d’epoca, una sorta di viaggio nel tempo nel Novecento fiorentino. Il progetto che sta dietro a questa iniziativa nasce per il desiderio di tracciare l’evoluzione architettonica e culturale di vari Paesi europei attraverso XX secolo. Le immagini che seguono presentano alcuni di questi straordinari ritratti storici di Firenze affiancati alle vedute attuali, grazie a foto scattate dalla stessa prospettiva degli originali.

 

Piccoli e grandi cambiamenti

Al netto dello scarto tra bianco-nero e colore, in alcuni casi l’accostamento mette a dura prova l’abilità dei più assidui giocatori di trova le differenze. Dopotutto la facciata di Palazzo Vecchio non mostra trasformazioni evidenti, e perfino i binari che raggiungono Piazza San Giovanni non appaiono così anacronistici se comparati a quelli dell’odierna tramvia.

Una volta esaurito il colpo d’occhio iniziale, tuttavia, le prime discrepanze iniziano a rendersi visibili. Ecco allora scomparire il tram che un secolo fa si affacciava sul duomo. Scompaiono anche le carrozze da Piazza della Repubblica, e lo stesso destino è riservato alle vecchie Fiat 500 e 600 che qualche decennio più tardi transitavano ai piedi del campanile di Giotto. Cambiano i vestiti con il cambiare della moda, e soprattutto cambiano le persone che quei vestiti li indossano. La città si trasforma da residenza dei fiorentini a destinazione turistica.

Più si esplorano i particolari di ogni coppia di fotografie e più numerose sono le differenze che saltano all’occhio. Perfino in una città ancorata al suo passato come è Firenze, il tempo segue il suo corso e ridipinge l’aspetto di strade e piazze, e ancora di più quello delle persone che giorno dopo giorno le attraversano.

 

Tutte le foto storiche sono rilasciate da Fortepan e attribuite ai loro rispettivi autori.

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Eating Europe e il food tour di qualità

Oggi celebriamo con piacere una storia di successo che ha per protagonista un’azienda amica, recentemente premiata per il suo impegno nel mondo del turismo enogastronomico. Un riconoscimento che rende merito alla massima qualità dei molti prodotti per cui Firenze si contraddistingue, e al quale contribuisce orgogliosamente anche l’Antica Gelateria Fiorentina.

 

Un lavoro che nasce dalla passione

Nel panorama dei food tour disponibili in una città a vocazione così marcatamente turistica come è Firenze, la pluralità dell’offerta può talvolta riservare esperienze deludenti. Il rischio è quello di incappare in agenzie che offrono un servizio poco attento alla qualità dei prodotti proposti e alla genuinità dell’esperienza stessa.

Eating Europe nasce proprio con l’intento di offrire delle visite che si allontanino dalla proposta meramente turistica, e che permettano di scoprire le città più affascinanti del vecchio continente attraverso itinerari incentrati sulle vere eccellenze del territorio. Non è un caso che l’agenzia sia nata proprio in Italia, sostenuta dall’amore nutrito dal suo fondatore Kenny Dunn per la cucina e per le persone che si celano dietro ogni piatto.

«Diamo alle persone un assaggio d’Europa che non dimenticheranno mai, facendole entrare in contatto con cibo, persone e quartieri autentici.»

 

I tour di Firenze

Oggi Eating Europe mantiene la promessa di quella passione proponendo i suoi food tour in dieci diverse nazioni. In Italia è presente a Firenze, Roma, Napoli, Milano, Palermo, Venezia e Bologna. Particolarmente ricca e apprezzata è l’offerta presente nella nostra città, con visite dedicate ad alcune delle destinazioni più rappresentative nell’universo gastronomico locale. Alle esperienze organizzate nel cuore del centro storico si affiancano quelle che hanno luogo oltrarno e nella campagna toscana. L’elenco delle specialità da degustare è altrettanto varia, a cominciare da prodotti come la bistecca alla fiorentina, la pasta fatta a mano, i formaggi e i salumi locali, il tartufo e i vini regionali.

Ed è proprio uno dei più popolari tour di Firenze che ha permesso all’azienda di conseguire il Travelers’ Choice Awards Best of the Best per il 2024, il premio istituito da Tripadvisor per celebrare i massimi conseguimenti nell’ambito del turismo.

 

Un riconoscimento globale

L’esperienza in questione, premiata con la raccomandazione inequivocabile del 100% dei clienti provenienti da tutto il mondo, è dedicata al Mercato Centrale di San Lorenzo. Si tratta di un incontro con la cultura gastronomica di uno dei quartieri più autentici di Firenze e con le famiglie che da generazioni portano avanti la tradizione toscana. La visita guidata, che passa anche attraverso il sito storico del mercato, permette di assaggiare prelibatezze come il tipico panino al lampredotto e una selezione di olio e aceto balsamico. Non manca una degustazione di vini in alcune delle più antiche enoteche della città.

L’ultima tappa dell’itinerario ci riguarda da vicino, e prevede un approdo all’Antica Gelateria Fiorentina alla scoperta del vero gelato artigianale. Una conclusione in dolcezza per un viaggio tra i sapori di Firenze, nonché la conferma di una preziosa collaborazione tra due realtà imprenditoriali che da sempre fanno della passione per il gusto la propria professione.

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Tra Hollywood e Cinecittà: i film ambientati a Firenze

Nel corso dell’ultimo secolo la settima arte ha più volte reso omaggio alle bellezze di Firenze, raccontandone le vicende sotto una luce epica o intimista. La raccolta di oggi, rigorosamente non esaustiva, presenta alcuni dei personaggi e delle storie che hanno avuto particolare successo nell’immortalare la nostra città sul grande schermo.

 

Le ragazze di San Frediano (1955)

La prima pellicola in elenco è ispirata all’omonimo romanzo di Vasco Pratolini e riflette il carattere genuinamente fiorentino dell’autore. La storia segue le vicende sentimentali del giovane rubacuori Bob e delle sue numerose conquiste. Da Porta San Frediano a Piazza del Carmine, alcuni dei luoghi più caratteristici del quartiere del titolo fanno da sfondo a questo dolceamaro ritratto della città.

 

Amici miei (1975)

Di tutt’altro brio è la commedia di Mario Monicelli diventata un cult della cultura popolare fiorentina degli anni ‘70. I quattro protagonisti, amici d’infanzia che non si rassegnano al sopraggiungere della mezza età, affrontano le difficoltà della vita con una buona dose di goliardia. Vari passaggi del film sono ambientati tra San Niccolò e Santo Spirito, mentre alla stazione di Santa Maria Novella si svolge la scena degli schiaffi ai passeggeri del treno in partenza, in assoluto una delle sequenze più acclamate del cinema italiano.

 

Camera con vista (1986)

L’elegante pellicola di James Ivory, vincitrice di tre premi Oscar, è ambientata nella Firenze di inizio Novecento. Durante un viaggio in Italia, un’irrequieta ragazza inglese si innamora di un suo connazionale. La loro storia si snoda attraverso svariati angoli del centro storico, tra Piazza della Signoria, Piazza di Santa Croce e Ponte Vecchio. La camera che dà il nome al film, affacciata proprio sul Ponte Vecchio, si trova all’interno dell’attuale Hotel degli Orafi, sul Lungarno degli Archibusieri.

 

I laureati (1995)

Torniamo alle produzioni italiane con la prima regia di Leonardo Pieraccioni, che rievoca alcune tematiche del già citato Amici miei nel raccontare le avventure di quattro amici irrimediabilmente in bilico tra giovinezza ed età adulta. Tra le molte località utilizzate ci sono i giardini della Fortezza da Basso, dove il protagonista, interpretato dallo stesso Pieraccioni, sogna di flirtare con il personaggio di Maria Grazia Cucinotta. Il regista avrebbe raggiunto la massima gloria l’anno successivo con Il Ciclone, ambientato tra Firenze e una piccola città nel cuore della toscana.

 

Hannibal (2001)

All’inizio del nuovo millennio i riflettori di Hollywood puntano su Firenze. È qui che sotto falso nome si nasconde Hannibal Lecter nel sequel de Il silenzio degli innocenti. Il serial killer cannibale interpretato da Anthony Hopkins assume il ruolo di curatore della biblioteca di Palazzo Capponi in via de’ Bardi. Il thriller di Ridley Scott immerge in un’atmosfera spettrale diversi luoghi della città, tra cui la Loggia del Porcellino e la storica farmacia di Santa Maria Novella.

 

Sotto il sole della Toscana (2003)

Toni decisamente più rilassati per questo romantico film con Diane Lane. La storia è in realtà ambientata in varie location della regione e in particolare a Cortona. Tratto dal romanzo autobiografico di Frances Mayes, racconta il tentativo di una scrittrice americana di cambiare vita acquistando una villa in Toscana.

 

Inferno (2016)

Restiamo nell’ambito di una produzione hollywoodiana per l’ultimo film della selezione, un adattamento del romanzo di Dan Brown legato a doppio filo alla Divina Commedia. Il personaggio interpretato da Tom Hanks si risveglia senza memoria in una camera d’ospedale e scopre di essere coinvolto in un letale mistero. Una delle sequenze più avvincenti ha luogo nel Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio, ma in questa corsa contro il tempo i protagonisti attraversano anche Ponte Vecchio, il Corridoio Vasariano e il Giardino di Boboli. Non tutte le località sono riprodotte sullo schermo con accurato realismo, ma è un compromesso ammissibile per il blockbuster di maggior successo mai ambientato a Firenze.

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Il Chianti, eccellenza enologica toscana

Così come la Toscana è sotto molti aspetti la più caratteristica delle regioni d’Italia, il vino prodotto in quest’area è forse quello che meglio rappresenta il nostro Paese. Andiamo alla scoperta del marchio che per tradizione e qualità riveste un ruolo di prima grandezza nell’universo del nettare di Bacco.

 

Le denominazioni e le zone di produzione

Il nome Chianti deriva dall’omonima area universalmente associata alla sua tradizione vinicola, ed è spesso utilizzato per identificare quanto prodotto in gran parte della Toscana. È importante tuttavia sottolineare che le due denominazioni DOCG presenti sul mercato (Chianti e Chianti Classico) si distinguono per caratteristiche uniche legate ai territori di provenienza e ai disciplinari che ne regolamentano l’attività.

La zona interessata dalla denominazione del Chianti DOCG si estende su una vasta porzione della Toscana centrale e comprende le province di Firenze, Siena, Arezzo, Pisa, Pistoia e Prato. Il Chianti Classico nasce invece in una specifica e più piccola area chiusa tra le province di Firenze e Siena. Sebbene la percentuale delle uve impiegate nelle varie produzioni cambi da vino a vino, tutti i Chianti sono costituiti dagli stessi vitigni: Sangiovese, Canaiolo, Trebbiano, Malvasia bianca, Sauvignon e Merlot. Tra questi, il protagonista indiscusso è sempre il Sangiovese, utilizzato in purezza o in quote che raggiungono comunque un minimo del 75%.

 

Dagli etruschi al Rinascimento

Il dibattito sulla nascita della tradizione vinicola del Chianti è da sempre contraddistinto dalla difficoltà nel rintracciare un’origine facilmente definibile. Una delle prime testimonianze è comunque costituita da un vaso di epoca etrusca, rinvenuto in una necropoli vicino a Castellina in Chianti, su cui è raffigurato un tipico banchetto.

Il grande sviluppo della viticoltura toscana si ebbe però a partire dal XVI secolo, grazie alla considerazione che la famiglia Medici riservava al vino negli usi e costumi di corte. Lo stesso Lorenzo il Magnifico è spesso ricordato per il componimento poetico noto come Canzone di Bacco, celebre elogio dei piaceri terreni. Fu però solo nel 1716 che il granduca Cosimo III registrò i primi confini ufficiali dell’area che oggi fa parte dell’attuale indicazione del Chianti Classico. Il provvedimento specificava le zone entro le quali potevano essere prodotti i vini citati, e come tale rappresentava un vero e proprio precursore della denominazione odierna.

 

Cultura popolare e abbinamenti inconsueti

La scienza degli accostamenti combina il Chianti con una grande varietà di pietanze, ma ad essere particolarmente valorizzate sono le carne arrosto e alla griglia. I vini di medio corpo accompagnano in genere i saporiti piatti della tradizione, mentre le grandi riserve sono destinate alla selvaggina o ai formaggi stagionati. Se nell’ambito dell’accoglienza ristorativa è relativamente raro trovare abbinamenti davvero eccentrici, il grande schermo ha talvolta dato prova di grande inventiva nel citare questo vino nei contesti più inaspettati.

Il primato dell’accostamento più ardito spetta senz’altro al film Il silenzio degli innocenti. In una sequenza intrisa di gelida ironia, il cannibale Hannibal Lecter si rivolge con queste parole all’agente dell’FBI che indaga su di lui: “Uno che faceva un censimento una volta cercò di interrogarmi. Mi mangiai il suo fegato, con un bel piatto di fave ed un buon Chianti”.

Meno inquietante è la citazione presente in A 007, dalla Russia con amore. Minacciato da una spia sovietica sotto copertura, James Bond riesce a smascherare il suo nemico grazie alla scelta di quest’ultimo di accompagnare un piatto di pesce proprio con un Chianti rosso. Un errore in cui un vero gentleman non sarebbe mai incappato, e un passaggio indicativo di quanto un corretto abbinamento sia importante al cinema come nel mondo reale.

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Fiorentini illustri: Dante Alighieri

La storia della lingua italiana è contrassegnata dalle figure di svariati scrittori che hanno contribuito al suo sviluppo. Nessuno tuttavia ha influito in modo tanto decisivo come Dante nella nascita di un comune codice d’espressione che fosse in grado di valicare i confini imposti dai molti dialetti regionali ed elevarsi al rango di lingua nazionale.

 

Dal latino all’italiano

JoJan, CC BY-SA 3.0 via Wikimedia Commons

Come raccontato in un articolo di alcuni mesi fa, fu la progressiva evoluzione del volgare fiorentino a consentire la nascita dell’italiano. Dante identificò proprio in questa “lingua del popolo” un veicolo linguistico utilizzabile in ambito letterario, ruolo che fino ad allora era stato riservato al latino. Il suo intento era quello di abbattere la barriera tra il ceto colto e quello popolare, permettendo a quest’ultimo di accedere a contenuti da sempre relegati alla sfera accademica. Nel De Vulgari Eloquentia Dante compara le due lingue, evidenziando come il volgare dovesse essere considerata la più nobile in quanto maggiormente naturale del latino.

 

Beatrice e Gemma

Esistono diverse prove documentali che permettono di identificare in Beatrice Portinari, detta Bice, la donna che Dante considerava la sua musa.  e la cui morte provocò in lui una profonda crisi. Figlia del banchiere Folco Portinari (fondatore dell’ospedale di Santa Maria Nuova, che è tuttora il principale ospedale del centro di Firenze) Beatrice è la prima donna a figurare come personaggio di rilievo nella nascente letteratura italiana. Dante le dedicò la raccolta di componimenti poetici Vita Nova, nel quale la definisce “gentile e tanto onesta”. La ritrae però anche nella Divina Commedia come creatura angelica del Paradiso, rappresentazione delle virtù di Fede e Sapienza.

Nonostante i ripetuti incontri con la vera Beatrice, che Dante conobbe a più riprese tra l’infanzia e l’età adulta, lui stesso rivelò che il loro fu un amore mai realmente vissuto. Del resto, il suo matrimonio con Gemma Donati era stato combinato tramite un contratto tra i rispettivi genitori quando i due avevano solo dodici anni. Si sposarono otto anni più tardi, ed è considerazione comune che la loro non fu unione felice. Il poeta non dedicò mai un singolo verso alla moglie, destinando alla sola Beatrice il suo struggimento letterario.

«Sovra candido vel cinta d’uliva
donna m’apparve, sotto verde manto
vestita di color di fiamma viva.»
(L’apparizione di Beatrice nella Divina Commedia)

 

Lontano da Firenze

Sailko, CC BY-SA 3.0 via Wikimedia Commons

Il legame di Dante con la sua città natale fu compromesso a causa dei dissensi politici di cui fu protagonista. Componente attivo del partito dei guelfi bianchi, osteggiò con forza papa Bonifacio VIII, che egli vedeva come emblema del decadimento morale della Chiesa. La sua posizione lo rese bersaglio della fazione dei guelfi neri, il cui obiettivo era perseguitare gli esponenti di parte bianca ostili al papato. L’arrivo a Firenze di Carlo di Valois, inviato dal papa come paciere ma di fatto vero e proprio conquistatore, comportò una condanna all’esilio che lo colpì insieme a molti rappresentanti del suo partito.

«Alighieri Dante è condannato per baratteria, frode, falsità, dolo, malizia, inique pratiche estortive, proventi illeciti, pederastia, e lo si condanna a 5000 fiorini di multa, interdizione perpetua dai pubblici uffici, esilio perpetuo (in contumacia), e se lo si prende, al rogo, così che muoia.»
(Libro del chiodo – Archivio di Stato di Firenze – 10 marzo 1302)

Dante tentò più volte di rientrare a Firenze, sempre senza successo. Trascorse l’esilio in svariate città durante i suoi ultimi vent’anni di vita, e morì a Ravenna senza aver rivisto la sua patria.

Firenze rende oggi merito ad uno dei suoi figli più influenti seguendone le tracce nei luoghi in cui visse. In via Santa Margherita si trova il museo della casa in cui presumibilmente abitò, mentre a pochi passi di distanza sorge la chiesa di Santa Margherita de’ Cerchi, che vide forse il suo primo incontro con Beatrice. Spingendosi ancora qualche metro verso piazza del Duomo, il visitatore più curioso può rintracciare in piazza delle Pallottole il cosiddetto “sasso di Dante”. Si tratta di una grossa pietra, abbandonata un po’ a sé stessa, sulla quale secondo la leggenda l’artista era solito fermarsi a guardare i lavori alla vicina cattedrale di Santa Maria del Fiore, che all’epoca era in costruzione. Si tratta forse di una storia apocrifa, ma fornisce l’occasione per osservare la città di Firenze dalla prospettiva unica del sommo poeta.

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Gelati dal mondo – Parte 2

Un nostro articolo di alcune settimane fa esplorava le molte varietà di gelato esistenti nei quattro angoli del pianeta. Avevamo scoperto una grande diversità nelle tradizioni locali, caratterizzate spesso da ingredienti tipici e presentazioni uniche. In questa seconda parte vediamo quali altre ricette esotiche valorizzano al meglio il piacere del gelato.

 

I dessert dell’Estremo Oriente

Nimal, CC BY-NC-ND 2.0 via Flickr

Come rivelato nella prima puntata di questo excursus, è l’Asia a riservare le sorprese maggiori per quanto riguarda preservazione delle usanze culinarie e inventiva d’esecuzione. Se i gelati giapponesi e thailandesi riescono a farsi apprezzare anche dai palati occidentali, è il Medio Oriente a vantare la maggiore ricchezza di tradizioni, grazie alle preparazioni dolciarie che contraddistinguono nazioni come Siria, Turchia, Iran e Afghanistan.

Sono asiatiche anche le prime proposte di oggi. La prima arriva sempre dal Giappone, e consiste in un saporito ramen on ice. Si parte con una rassicurante crema al caramello, alla quale vengono però affiancati i tipici noodles di pollo conditi con salsa di soia. A Singapore invece è l’ice cream sandwich ad essere diventato una vera e propria icona dello street food locale. Simile alle versioni presenti in altre ricette regionali, anche italiane, viene realizzato con un pane dalle striature colorate che raccoglie un gelato molto compatto e dalla forma squadrata.

 

Dal Giappone al resto del mondo

Rhododendrites, CC BY-SA 4.0 via Wikimedia Commons

Lasciamo l’Asia per trovare due varietà che traggono comunque ispirazione dalla gastronomia nipponica.

Alle Hawaii è popolare una preparazione importata nei primi anni del Novecento dagli immigrati giapponesi e chiamato oggi shave ice. Una base di ghiaccio tritato viene utilizzata per riempire una coppa o un cono, e su di essa vengono versati degli sciroppi alla frutta. Possono completare il composto elementi come del classico gelato, del latte condensato o dei fagioli rossi.

È invece approdato in svariate nazioni del mondo la versione gelato del taiyaki, un dolce giapponese comunemente venduto in strada e consistente in un impasto di waffle a forma di pesce. Il croccante rivestimento accomuna questo dessert in ogni località in cui è apprezzato, mentre il ripieno può cambiare per sapore e presentazione in modo da adattarsi alle preferenze del posto.

 

Una sorpresa dalla Germania

L’ultimo dessert della serie nasce in una terra geograficamente vicine all’Italia, ma al primo impatto ha il potenziale per risultare scioccante per chi ci si imbatte. Si tratta della spaghettata di gelato, un dolce tedesco pensato proprio per richiamare alla mente il primo piatto italiano. Grazie all’utilizzo di una pressa per spätzle o di uno schiacciapatate, del gelato alla vaniglia viene estruso in forma di spaghetti su un piattino. La sua guarnizione di salsa di fragole ricorda alla vista il pomodoro. Infine, del cioccolato bianco grattugiato, dei fiocchi di cocco o delle mandorle in pezzi completano l’illusione imitando il parmigiano. Ne esiste anche una variante americana che utilizza dei piccoli brownies per ricordare gli spaghetti con le polpette, un piatto originariamente importato dagli immigrati italiani a New York e particolarmente amato negli Stati Uniti.

Rientriamo in Italia per un bonus finale. Per quanto la storia del gelato non possa risalire ad un’origine certa, ma la collochi su una forbice geografica e temporale piuttosto ampia, dalla Roma del I secolo d.C. è giunta fino a noi una ricetta che può essere considerata un’antenata del gelato moderno. Tramandataci da Plinio il Vecchio, prevedeva la formazione di un cremoso composto costituito da ghiaccio tritato, miele e frutta spremuta. Una testimonianza d’annata per un dessert che nelle sue infinite forme abbraccia secoli e continenti.

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I musei di Firenze: la Galleria degli Uffizi

La culla del Rinascimento ospita musei in grado di soddisfare i gusti di ogni genere di visitatore. Tra le istituzioni storiche, gli Uffizi rappresentano il fiore all’occhiello del turismo artistico, grazie a una raccolta di opere che per quantità e qualità rende questa destinazione una delle più ambite al mondo.

 

Il museo

La Galleria degli Uffizi fa parte del complesso che comprende Palazzo Pitti, il giardino di Boboli e il Corridoio Vasariano, quest’ultimo di recente riapertura dopo svariati anni di chiusura per manutenzione.

Costruita negli anni 60 del XVI secolo dall’architetto Giorgio Vasari per volontà del duca Cosimo I de’ Medici, la struttura era destinata all’epoca agli uffici delle tredici magistrature che regolavano la funzione governativa dello Stato mediceo. Lo stesso nome Uffizi richiama la finalità amministrativa dell’istituzione. Fu solo negli anni successivi che Francesco I, figlio di Cosimo, decise di adibire la loggia dell’ultimo piano a galleria personale. Vi raccolse un’imponente collezione che comprendeva dipinti, statue, armature e strumenti scientifici, rendendola visitabile su richiesta e inaugurando così la storia museale del complesso.

Nel corso dei secoli le famiglie dei Medici e dei Lorena hanno a più riprese ampliato la struttura architettonica dalla galleria e arricchito la raccolta. Sopravvissuti ai saccheggi napoleonici nel XIX secolo e a quelli dei nazisti durante la seconda guerra mondiale, nonché all’alluvione del 1966, gli Uffizi sono oggi il museo d’arte più visitato d’Italia e una delle più celebrate glorie di Firenze.

 

La collezione

Il nucleo centrale dell’esposizione deriva dalla raccolta della famiglia Medici, che comprende i più importanti capolavori al mondo del Rinascimento fiorentino. Le opere pittoriche esposte risalgono però ad un periodo più ampio, che va dal medioevo all’età moderna, e ad esse si affiancano le statue e i busti realizzati in epoca romana che adornano i corridoi della galleria.

Il museo vanta la maggiore collezione esistente di Raffaello Sanzio e Sandro Botticelli (che include il suo lavoro più apprezzato, la Nascita di Venere), e i principali nuclei di artisti come Giotto, Tiziano, Caravaggio, Piero della Francesca, Michelangelo e Leonardo da Vinci. Accanto alle loro opere compaiono inoltre alcuni capolavori della tradizione tedesca, olandese e fiamminga.

 

Un quartiere trasformato

L’area occupata oggi dal piazzale e dall’edificio del museo aveva un aspetto molto diverso prima che Cosimo I decidesse di destinarvi una nuova sede governativa. Pochi sanno che questo rione popolare, dove sorgeva anche il porto fluviale della città, era conosciuto come quartiere della Baldracca, dall’insegna di un’omonima osteria locale. L’area era nota per essere particolarmente malfamata, come narrato anche da Petrarca e Boccaccio. Non stupisce quindi che il granduca abbia deciso di smantellarla nel quadro della riorganizzazione cittadina volta al maggiore accentramento del potere governativo di Firenze.

 

La sindrome degli Uffizi?

Quando lo scrittore Marie-Henri Beyle, meglio conosciuto come Stendhal, descrisse nel 1817 l’inconsueta sindrome che oggi porta il suo nome, aveva appena concluso una visita alla basilica di Santa Croce. Come osservato però solo nella seconda metà del Novecento, questo malessere sembra verificarsi in particolar modo alla Galleria degli Uffizi. Immortalato al cinema nel film di Dario Argento, che proprio qui è ambientato, può essere descritto come l’affezione psicosomatica che, alla vista di opere d’arte particolarmente evocative, provoca confusione, vertigini e allucinazioni. Lo stesso Eike Schmidt, direttore del museo fino allo scorso anno, ha dichiarato di aver assistito a casi in cui i visitatori sono svenuti al cospetto di un’intollerabile concentrazione di bellezza.

L’effettiva esistenza di questo disturbo è ancora oggi dibattuta, ma certo non costituisce un motivo valido per astenersi da una visita agli Uffizi. Resta indubbio il potere che i grandi capolavori possono talvolta esercitare sull’animo umano, un’esperienza estatica che Stendhal descrisse come “quel livello di emozione dove si incontrano le sensazioni celesti date dalle arti ed i sentimenti appassionati”.

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