Cocktail Negroni, l’aperitivo di Firenze

Firenze è da sempre legata alla cultura del buon bere. Si tratta di una passione che anche nel contesto urbano trova per molti la sua massima espressione nell’eccellenza enologica del Chianti. Tuttavia, la città è anche la patria del cocktail più bevuto nel mondo, che ha celebrato pochi anni fa il secolo di vita e che continua ad essere sempre più apprezzato: il Negroni.

 

Un drink che mette tutti d’accordo

Il centro storico vanta una miriade di location in cui esplorare il sempre dinamico universo della mixology. Sono moltissimi i locali eleganti ed esclusivi dove fare un aperitivo di qualità o rilassarsi dopo cena bevendo in compagnia.

Nell’esteso panorama delle opzioni disponibili, tra proposte creative e rivisitazioni dei grandi classici, gli italiani si affidano spesso ai capisaldi dell’ambiente. Tra i drink più apprezzati anche a Firenze troviamo Spritz, Gin Tonic, Mojito, Cuba Libre e Margarita. A condurre la classifica è però il cocktail che proprio qui nacque grazie all’estro di Camillo Negroni, e che ormai da diversi anni risulta il più consumato al mondo secondo le graduatorie internazionali.

 

La storia di un classico fiorentino

L’artefice della creazione del nuovo drink è il conte Camillo Negroni, nato a Fiesole nel 1868. Il nobile era solito frequentare l’aristocratica drogheria e profumeria Casoni all’angolo tra via della Spada e via de’ Tornabuoni. Fu qui che un giorno del 1919 chiese al barman Fosco Scarselli di variare il suo abituale aperitivo Americano sostituendo il seltz con il gin. Sembra che il conte avesse trovato l’ispirazione per questa variante durante i suoi frequenti viaggi a Londra e New York, dove aveva conosciuto la ricca tradizione anglosassone in materia di cocktail. Caratterizzata da un colore arancio intenso e da un gusto amaro, la bevanda appena inventata prevedeva parti uguali di gin, Campari e vermut rosso. Completava la presentazione una mezza fetta d’arancia.

Noto inizialmente come “Americano alla moda del conte Negroni”, nel corso del suo secolo di storia il cocktail è stato arricchito da numerose varianti celebri. Tra tutte, il Negroni Sbagliato e il Boulevardier, che al gin sostituiscono rispettivamente lo spumante brut e il bourbon.

 

Caffè e boutique

Oggi moltissimi locali di Firenze propongono il cocktail originale o una delle sue molte rivisitazioni d’autore. Per chi volesse ripercorrerne le tracce fino alla sua invenzione, la destinazione da appuntarsi resta via della Spada. Le sale della drogheria che ne vide la nascita, e nelle quali fu successivamente trasferita l’attività del preesistente caffè Giacosa, hanno visto svariati tentativi di preservazione nel corso degli anni. Nel 2001 lo stilista Roberto Cavalli acquisì l’attività per salvaguardarne la storia, ma fu costretto a chiudere nel 2017 per motivi economici.

Sebbene lo spazio originale sia attualmente destinato ad un negozio di moda, il caffè Giacosa ha riaperto nel 2023 a pochi passi di distanza, sul lato opposto di via della Spada. Per quanto la proprietà sia cambiata rispetto allo storico locale, il menu della nuova gestione omaggia l’inventiva di Negroni con ricette classiche e nuove varianti.

All’angolo tra via della Spada e via de’ Tornabuoni, dove il Conte sorseggiava la sua creazione, è presente una targa quasi nascosta tra le scintillanti insegne delle boutique. Fu affissa nel 2019 durante le celebrazioni per il centenario, a memoria di una vera istituzione nel mondo dei cocktail e di un interessante capitolo nella storia di Firenze.

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I quartieri di Firenze: il rione San Lorenzo

Tra i vari angoli di Firenze, il quartiere di San Lorenzo è quello che più di ogni altro rivela l’anima al tempo stesso popolare e nobile della città. Qui sono state scritte molte pagine note e meno note nella storia del centro storico. Qui si snodano alcune delle vie a cui da sempre i fiorentini sono maggiormente legati. Ed è qui che ai tradizionali mercati, dove da secoli si commercia in cuoio e generi alimentari, si affiancano gli edifici residenziali e i luoghi di culto dove svariate generazioni della famiglia Medici hanno trascorso la loro vita quotidiana.

 

Un quartiere dinamico

Dal punto di vista amministrativo, il rione comprende non solo il cuneo di vie attorno alla basilica, ma anche un’area irregolare che si spinge a nord fino ad includere piazza dell’Indipendenza e l’intera Fortezza da Basso. In realtà il cuore del quartiere si limita all’area più modesta che da piazza San Giovanni abbraccia piazza San Lorenzo fino alle strade che circondano il Mercato Centrale. Sotto molto aspetti, si tratta di un mondo a sé stante rispetto al resto del centro storico.

Il rione è caratterizzato infatti da vedute, suoni e profumi che lo rendono unico nell’eterogeneo panorama fiorentino. Passeggiare per San Lorenzo significa immergersi nell’odore del cuoio tipico delle bancarelle e nelle infinite fragranze che contraddistinguono il Mercato Centrale. Significa incrociare una moltitudine di volti e culture, e ascoltare voci e rumori che possono risultare sorprendenti e all’apparenza dissonanti. Non è un quartiere adatto a chi è in cerca di un angolo di tranquillità. Il fragore del tradizionale mercato all’aperto rende queste vie le più vivaci della città. Come ad incorniciare la quotidiana attività dei commercianti, mattina e sera portano anch’esse i loro suoni tipici, dominati dallo sferragliare dei carretti che si muovono tra le vie in cui sostano nelle ore di apertura e i fondi limitrofi dove riposano durante la notte.

 

Il rione che racchiude popolo e signoria

mtnwa, CC BY-SA 2.0 via Wikimedia Commons

La prima tentazione, per chi giunge in visita in questa parte della città, è quella di identificare il quartiere con l’omonima basilica. Dopotutto, la fondazione della primitiva cattedrale che sorgeva nel sito dell’attuale complesso coincide con l’origine stessa della tradizione cristiana a Firenze. Per quanto nulla di quella prima costruzione sia giunto fino a noi, il legame dell’attuale chiesa con la storia fiorentina è indiscutibile.

San Lorenzo riesce però a soddisfare le aspettative dei visitatori più diversi. Le bancarelle che durante le ore diurne animano le sue brulicanti vie presentano una varietà di tipici oggetti in pelle e souvenir. È invece dedicato all’universo gastronomico il Mercato Centrale, nella sua doppia veste di mercato alimentare e di area dedicata alla ristorazione. L’intero quartiere, del resto, è costellato di osterie e ristoranti che accolgono sia una clientela turistica che quella in cerca di un’offerta più genuinamente tradizionale.

È sufficiente però allungare lo sguardo oltre i banchi del cuoio per scorgere le architetture imponenti della Firenze dei signori. Nel XV secolo, infatti, i Medici elessero la zona a quartiere di famiglia, fondandovi la propria residenza. Al di là della basilica stessa, sono molti gli edifici che furono testimoni della massima gloria della Repubblica. Nell’elegante Palazzo Medici Riccardi vissero personaggi come Cosimo il Vecchio e Lorenzo il Magnifico, che riposano a poca distanza nelle cappelle del casato. Parte del complesso della basilica è anche dedicato alla Biblioteca Medicea Laurenziana, una delle principali raccolte di manoscritti al mondo, nata proprio dalle collezioni librarie di famiglia.

 

Turismo e comunità

Of the individual pictures, Gryffindor, of the panorama, Roland Geider (Ogre), CC BY 3.0 via Wikimedia Commons

Un passato millenario per un quartiere che resta oggi uno dei crocevia più vivi ed emblematici di Firenze. Nella sua lunga storia, San Lorenzo si è sempre contraddistinto per le sue due anime. Da una parte la forte vocazione commerciale, che la rende una delle destinazioni turistiche più popolari della città. Dall’altra la comunità costituita da chi nel quartiere ci risiede, magari da innumerevoli generazioni, nella ricerca costante di un equilibrio tra la riservatezza della vita privata e l’estrosità di ristoranti, mercati e bancarelle.

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Gelati dal mondo: un viaggio tra le varietà più esotiche

L’evoluzione storica del gelato ha attraversato secoli e nazioni. Sebbene le prime testimonianze di dolci freddi si possano rintracciare in Cina e Medio Oriente, è Firenze ad aver visto la nascita della sua versione moderna, grazie soprattutto a personaggi come Bernardo Buontalenti e Caterina de’ Medici.

Oggi abbiamo una concezione molto precisa di come debba presentarsi un classico gelato artigianale, universalmente esportato ed apprezzato. Anche per questo motivo, un itinerario di scoperta attorno al mondo può rivelare grandi sorprese in quanto a varietà di preparazioni e tradizioni esistenti. Se le temperature invernali non sempre invogliano al consumo, questo excursus vi farà sognare il caldo dell’estate in attesa di nuove scorpacciate.

 

Un dolce tipico

Molte tipologie locali di gelato non si limitano ad integrare ingredienti nazionali per adattare le ricette classiche ai gusti della popolazione. Spesso infatti le preparazioni prevedono lavorazioni originali, che in alcuni casi sono a loro volta esportate all’estero. È il caso del mochi giapponese, un preparato di riso glutinoso presentato spesso proprio in forma di gelato. La sua pasta morbida e appiccicosa è familiare a molti perché viene servito frequentemente anche in Italia nei ristoranti di sushi. Gusti comuni sono fagioli rossi azuki, latte e soprattutto tè verde.

 

Resine vegetali e tuberi di orchidee

Commoner247, CC BY-SA 4.0 via Wikimedia Commons

Altre varietà sono meno conosciute in occidente, e si distinguono nettamente per sapori e consistenze da quanto consumiamo abitualmente. Ne è un esempio il kulfi, un dessert denso e cremoso tipico del subcontinente indiano. Può essere aromatizzato con ingredienti classici e locali, e viene consumato in particolare nei villaggi e nelle piccole città, dove le ricette sono tramandate di generazione in generazione.

Anche gli ingredienti impiegati per la base possono differenziarsi molto. In Siria e Turchia vengono spesso utilizzati resine vegetali o farine ricavate dai tuberi essiccati di alcune orchidee. Il risultato è un composto filante ed elastico, conosciuto nei due paesi rispettivamente come booza e dondurma, la cui preparazione viene considerata una vera arte. Una caratteristica di questa specialità è la sua resistenza al calore, che le permette a lungo di non sciogliersi anche sotto il sole del deserto.

Si chiama invece faloodeh un dolce persiano molto popolare in Iran e Afghanistan. Simile a un sorbetto, è realizzato con vermicelli di amido, sciroppo di zucchero e acqua di rose.

 

Fritto o non fritto?

Fen Labalme, CC BY-SA 2.0 via Wikimedia Commons

Nonostante il nome, il gelato fritto thailandese non subisce alcun processo di cottura come avviene invece per il suo omonimo cinese. Il cosiddetto gelato arrotolato, infatti, viene realizzato versando un composto di latte, panna e zucchero su una piastra refrigerata. Una volta compattato, viene avvolto su sé stesso e servito in una coppa o in un cono insieme ad ingredienti freschi come frutta, cioccolato e noci. Si tratta di un dessert che da qualche anno si sta diffondendo anche in Italia, a testimonianza di quanto interesse ancora suscitino le novità che il mondo del gelato può offrire.

Una volta infatti che ricette, sapori, provenienze e identità locali vengono messi da parte, ciò che resta è la passione comune per un cibo che invita come pochi alla condivisione, e che riesce ad avvicinare e mettere d’accordo tutte le culture.

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L’arte a Firenze: la Porta del Paradiso

Tra gli innumerevoli capolavori prodotti dal Rinascimento fiorentino, pochi colpiscono turisti e storici dell’arte quanto la Porta del Paradiso del battistero di San Giovanni. Collocata alla sua inaugurazione sul lato che affaccia sulla chiesa di Santa Maria del Fiore, si distingue per le imponenti ante realizzate in bronzo dorato e caratterizzate da dieci pannelli scolpiti che rappresentano altrettanti episodi biblici.

 

Le porte del Battistero

La costruzione della prima porta del battistero era stata completata da Andrea Pisano nel 1336. La realizzazione della seconda porta, destinata all’accesso principale, fu invece accordata nel 1401 all’allora sconosciuto scultore e orafo Lorenzo Ghiberti. Al concorso indetto per l’occasione aveva preso parte anche Filippo Brunelleschi, dichiarato in effetti vincitore ex aequo, il quale tuttavia si era rifiutato di lavorare a fianco del primo a causa di una presunta incompatibilità stilistica. Unico responsabile del progetto, Ghiberti concluse l’opera soltanto nel 1424. I committenti furono in ogni caso soddisfatti di quanto ottenuto, e l’anno successivo gli assegnarono l’incarico di realizzare anche la terza porta, quella per cui sarebbe stato per sempre ricordato.

L’artista ricevette carta bianca per quanto riguarda modalità di esecuzione e interpretazione del tema, che avrebbe riguardato una serie di scene del Vecchio Testamento. Decise di realizzare le varie formelle con la tecnica scultorea dello stiacciato, che permetteva di creare l’illusione di diversi piani di profondità. È importante evidenziare che gli fu anche assegnata una facoltà di spesa apparentemente illimitata. Come ricorda lo scultore stesso, «Mi fu data licenza [che io] la conducessi [la porta] in quel modo ch’io credessi tornasse più perfettamente e più ornata e ricca».

Ghiberti si prese in effetti tutto il tempo di cui necessitava: la conclusione dell’opera richiese ben 27 anni. La lunga attesa fu comunque ben ripagata. Alla sua inaugurazione nel 1452 la porta risultò talmente superiore alle aspettative che le fu riservato l’accesso principale del battistero, proprio davanti al Duomo.

 

I danni dell’alluvione e i restauri

Nel novembre del 1966 l’ondata di piena dell’Arno spalancò la porta e strappò via dal telaio sei dei dieci pannelli. Questo evento mise in moto una lunga e complessa operazione di restauro, resa necessaria anche dal deterioramento provocato nei secoli dagli agenti atmosferici. I lavori, che richiesero vari interventi nel corso dei decenni successivi, furono completati nel 2012.

La porta visibile oggi al battistero è una copia realizzata utilizzando un calco risalente al primo dopoguerra, mentre l’originale è conservata a pochi passi di distanza nel Museo dell’Opera del Duomo.

 

L’origine del nome

Sailko, CC BY-SA 3.0 via Wikimedia Commons

È probabile che il termine “Porta del Paradiso” fu attribuito a causa della collocazione dell’opera al posto d’onore davanti al Duomo, un sito chiamato Paradisium. Tuttavia secondo Giorgio Vasari, dichiarato ammiratore di Ghiberti, sarebbe stato Michelangelo a dire delle ante “che elle son tanto belle che elle starebbon bene alle porte del Paradiso”. Quale che sia l’effettiva provenienza del nome, è suggestivo notare come all’epoca tra il Battistero e la vecchia cattedrale di Santa Reparata sorgesse un cimitero. Di fatto la porta si trovava, più o meno letteralmente, sulla soglia del Paradiso.

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La cavalcata dei Magi

Il 6 gennaio di ogni anno la città di Firenze celebra l’Epifania con una ricostruzione storica nelle vie del centro.  L’evento richiama una festa popolare che risale al XV secolo, durante la quale tre diversi cortei si riunivano al Battistero di San Giovanni e raggiungevano piazza San Marco.

 

La ricorrenza religiosa

G. Monasta, CC BY-NC-SA 4.0

La dodicesima notte di Natale, come è anche chiamata l’Epifania, è una delle più antiche festività cristiane. Ad essa è associato il soggetto dell’adorazione dei Magi, che compare originariamente nel Vangelo di Matteo. Si tratta di uno degli episodi biblici più rappresentati nell’arte, e molti dipinti conservati nella Galleria degli Uffizi ne narrano la vicenda. Tra questi figurano le opere di Sandro Botticelli, Leonardo da Vinci, Gentile da Fabriano e Albrecht Dürer.

 

La manifestazione ieri e oggi

G. Monasta, CC BY-NC-SA 4.0

Il tema dell’adorazione era fortemente sentito negli anni della Repubblica di Firenze. All’epoca la cerimonia era solennemente inscenata dalla Confraternita della Stella, che rievocava così l’arrivo dei tre saggi stranieri nella città di Betlemme e il loro omaggio a Gesù.

I Medici erano particolarmente legati a questa ricorrenza, che fu poi abbandonata per molti secoli successivamente alla cacciata della famiglia da Firenze. Alla fine del secolo scorso l’usanza fu recuperata e da allora è stata mantenuta.

Oggi la manifestazione prevede un corteo di 700 figuranti in costumi d’epoca che sfilano al seguito dei Magi a cavallo. Da Palazzo Pitti attraversano Ponte Vecchio e Piazza della Signoria fino ad arrivare a Piazza di San Giovanni. Qui un presepe vivente viene allestito di fronte al Duomo. La celebrazione si conclude con la lettura del Vangelo e la deposizione di oro, incenso e mirra davanti al neonato Messia.

 

Tradizioni a confronto

Nel folclore italiano, alla cavalcata dei Magi si affianca la figura pagana della Befana, altrettanto presente nell’immaginario comune di bambini e adulti insieme al rituale della calza ad essa collegato. La rievocazione dell’anziana signora armata di scopa fu a lungo condannata dalla Chiesa, per essere infine accettata come parte di una visione dualistica di bene e male.

Per quanto da sempre connessa alla tradizione italiana, sembra che il personaggio della Befana nasca da una commistione di antichi culti europei legati all’inverno boreale. Nelle culture del centro e nord Europa sono infatti molte le figure femminili legate ai riti propiziatori dell’agricoltura. Nella mitologia popolare celtica, in particolare, il personaggio di Perchta personifica la stagione fredda, e viene rappresentata come una vecchia vestita di stracci e con una grossa gobba, il naso adunco e i capelli spettinati. Un ritratto spaventoso che mostra un’evidente parentela con la nostra Befana, a testimonianza di una tradizione che da millenni accomuna popoli e culture.

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Festeggiare Capodanno a Firenze

Cenone tradizionale, notte in discoteca o brindisi in piazza? La sera del 31 dicembre offre una grande varietà di opzioni per celebrare l’arrivo del nuovo anno. Sono molti i locali che organizzano feste per tutti i gusti, senza dimenticare che anche nelle piazze della città si svolgono numerose iniziative che prevedono musica e spettacoli itineranti.

 

Ristoranti e teatri

Per chi desidera trascorrere San Silvestro al chiuso, il classico cenone è la scelta più ovvia, nell’intimità della propria casa o in uno dei ristoranti che organizzano l’evento. Esistono però varie alternative per una serata più animata. Si va da una notte di ballo nelle discoteche più gettonate, che offrono feste esclusive con DJ set e musica dal vivo fino all’alba, ad uno dei molti spettacoli proposti dai teatri della città, tra cui rappresentazioni classiche, cabaret, musical e concerti. L’unico vincolo da rispettare per poter partecipare ad uno di questi eventi è la necessità di prenotare con ragionevole anticipo.

 

Gli eventi nelle piazze

Il Capodanno fiorentino permette però anche di vivere la città all’aperto per coloro che non si lasciano spaventare dalle basse temperature. Festeggiare il nuovo anno in piazza è una tendenza che accomuna tutte le fasce di età, anche grazie alle iniziative organizzate in tutti i cinque quartieri.

Al posto del tradizionale concertone, nel centro storico andranno in scena tanti spettacoli piccoli e grandi, che renderanno unica la serata con musica dal vivo, performance artistiche e giochi di luce. Tra gli eventi previsti, cori gospel in piazza San Giovanni e musica jazz in piazza Santissima Annunziata. Musica e danze animeranno anche piazza Santa Croce grazie alla presenza di un’orchestra dal vivo. Piazza della Signoria sarà invece teatro di uno spettacolo di intrattenimento multidisciplinare.

Infine, le strade d’Oltrarno saranno percorse da alcune band itineranti, in particolare tra via Palazzuolo e via Maso Finiguerra. L’appuntamento è poi per la mezzanotte in piazza del Carmine, dove le orchestre convergeranno per il classico countdown.

 

Una vista dall’alto

Anche in assenza di un programma ufficiale che preveda dei fuochi d’artificio, una visita notturna a Piazzale Michelangelo consente di ammirare il panorama mozzafiato della città illuminata.

Quest’anno infatti alle tradizionali luminarie natalizie si affianca l’iniziativa Florence Lights Up, che da inizio dicembre valorizza svariati punti strategici di Firenze. La tecnica del video-mapping illumina Ponte Vecchio, Palazzo Vecchio e la chiesa di San Paolino, sulle cui facciate vengono proiettate una varietà di forme e colori. La luce è protagonista anche in piazza Santa Maria Novella, alla Camera di Commercio e nel Giardino Mediceo di Palazzo Medici Riccardi. Un vero spettacolo diffuso quindi, al quale tutti sono invitati per festeggiare insieme l’arrivo del nuovo anno.

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I piatti tipici del Natale fiorentino

Le feste natalizie sono il periodo in cui ogni anno vengono riscoperte ed apprezzate svariate usanze secolari. Che si trascorrano questi giorni con i parenti o con gli amici, sono molte le consuetudini antiche e moderne a cui riesce a prestarsi una città eterogenea e ricca di cultura come Firenze. Questo è particolarmente vero per quanto riguarda le tradizioni gastronomiche, che riportano nei nostri piatti alcune delle eccellenze dell’autentica cucina fiorentina e toscana. Una festa anche per il palato, in cui ogni piatto racconta una storia ricca di memorie di famiglia e amore per la buona tavola.

 

Gli antipasti

Anche a Natale la cucina toscana resta fedele ai suoi tipici sapori semplici e genuini. Ne è un ottimo esempio un antipasto che non manca mai sulle tavole delle feste: i crostini di fegatini. Vera esplosione di sapore, i crostini sono preparati con un mix di fegatini di pollo, filetti di acciuga, cipolle e capperi. Spesso sono accompagnati da alcuni salumi locali, come il prosciutto o la finocchiona, serviti insieme a del pane toscano.

 

Primi e secondi piatti

Per il primo piatto servito più comunemente, la cucina fiorentina prende in prestito un caposaldo della tradizione bolognese: i tortellini di carne in brodo di cappone. Del tutto toscana è invece la ricetta che è alla base della ribollita, un piatto povero legato alle usanze contadine. Si tratta di una minestra a base di pane, fagioli, verza e cavolo nero, presentata spesso in ciotole di terracotta. Per chi ama orientarsi su primi di altro genere, sono comunque comuni anche le crespelle ripiene di ricotta e spinaci, le lasagne al ragù e i tortelli di patate.

Più intransigente è l’indicazione che riguarda i secondi: la tradizione prevede prevalentemente un piatto a base di carne arrosto. Le specialità principali sono la carne di chianina, la faraona, i fegatelli di maiale e l’anatra all’arancia. Il tutto servito con grandi quantità di patate arrosto insaporite con salvia e rosmarino. Preferite un’alternativa che rientra comunque di buon diritto nella tipicità toscana? Un piatto molto apprezzato è lo stracotto, preparato con carne di manzo brasata a lungo in vino rosso e aromi per ottenere una consistenza tenerissima.

 

I dolci

Se panettone e pandoro accomunano ogni regione d’Italia, sono molte le varianti artigianali locali e ancora di più le ricette toscane che a Firenze chiudono pranzi e cene. Una tra queste è il castagnaccio, una torta di farina di castagne che negli anni si è integrata anche in altre tradizioni regionali della penisola. Provengono invece da Siena due dei dolci più apprezzati anche nel capoluogo: il panforte, realizzato fin dal medioevo con frutta secca, spezie e miele, e i ricciarelli, biscotti a base di pasta di mandorle e zucchero. Infine, sono tipici di Prato ma adottati universalmente i biscotti secchi alle mandorle conosciuti come cantucci o cantuccini, da intingere rigorosamente nel vin santo. Del resto durante questo periodo il tipico vino passito è una presenza quasi irrinunciabile, che permette di concludere in bellezza un autentico Natale fiorentino. Buone feste!

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La riapertura del Corridoio Vasariano

Dopo 8 anni di chiusura al pubblico per attività di manutenzione, il 21 dicembre riapre finalmente le porte l’ingegnoso tunnel sopraelevato progettato da Giorgio Vasari. Si tratta dell’antico passaggio che la famiglia Medici utilizzava per spostarsi in modo indisturbato sopra le vie della città, e racconta una storia affascinante.

 

La realizzazione

Il Corridoio Vasariano fu costruito dall’architetto toscano nel 1565 in soli nove mesi. L’opera fu commissionata da Cosimo I de’ Medici per garantire la propria incolumità. A causa dell’appoggio ancora incerto della popolazione al nuovo duca, infatti, vi era la necessità per i regnanti di muoversi in tranquillità e sicurezza tra Palazzo Vecchio, sede del governo, e loro residenza di Palazzo Pitti.

Il percorso completo, lungo 760 metri, ha inizio negli appartamenti di Eleonora di Toledo al secondo piano di Palazzo Vecchio. Dopo aver valicato il tetto della chiesa di San Pier Scheraggio, si immette nell’ultimo piano Galleria degli Uffizi e prosegue su vari livelli. Qui ha inizio il tratto visitabile, che si apre dalla Galleria delle Statue e delle Pitture, al primo piano del museo. Il passaggio fiancheggia l’Arno al di sopra di un porticato ad archi e attraversa il Ponte Vecchio, dal quale si affaccia sul fiume da una serie di finestre panoramiche. Attraversa quindi internamente la chiesa di Santa Felicita, un espediente che grazie ad un balcone e alla protezione di una pesante cancellata consentiva alla famiglia Medici di assistere alla messa senza scendere tra il popolo. Infine, percorre via Guicciardini per raggiungere il Giardino di Boboli e Palazzo Pitti.

 

Macellai e gioiellieri

La realizzazione del corridoio è legata anche ad una leggenda relativa alle attività commerciali presenti sul Ponte Vecchio. Anticamente qui sorgeva il mercato delle carni. Si racconta che Cosimo I de’ Medici fosse profondamente infastidito dall’odore della carne in decomposizione, dalla vista del sangue e dal lamento degli animali condotti al macello. Non ancora soddisfatto dal poter attraversare l’Arno inosservato lungo il tratto di corridoio che percorreva il ponte, deliberò perché i macellai fossero allontanati. Destinò quello spazio agli orafi, la cui attività era a suo avviso maggiormente degna della nobilità che il Duca cercava di attribuire al proprio regno. Ancora oggi il Ponte Vecchio è costellato da caratteristiche botteghe di orefici e negozi di gioielleria.

Quali che fossero le motivazioni dietro la riorganizzazione del quartiere, la bonifica necessaria alla realizzazione del Corridoio Vasariano contribuì a ridurre il proliferare di malattie nel centro storico.

 

La riapertura

Jordiferrer, CC BY-SA 3.0 via Wikimedia Commons (adapted)

Il corridoio è dunque pronto per il pubblico dopo un lungo intervento di restauro e adeguamento di sicurezza iniziato nel 2016. Come indicato dal direttore degli Uffizi Simone Verde, l’evento si inserisce all’interno di una più ampia opera di riqualificazione che riguarda l’intera struttura museale vasariana e il complesso, di là d’Arno, di Boboli e Palazzo Pitti.

Il corridoio si presenta nella sua originale essenzialità, proprio come appariva all’epoca della sua costruzione, a rimarcare la sua funzione di semplice passaggio di servizio. Vi si accede acquistando un biglietto con supplemento alla Galleria degli Uffizi per un costo complessivo di 43 euro. I visitatori possono esplorare il museo per due ore prima dell’orario previsto per l’ingresso al corridoio, per ammirare infine il centro cittadino dalla prospettiva privilegiata che era un tempo riservata ai signori di Firenze.

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Gite fuori porta: Vinci

A meno di un’ora d’auto dal centro di Firenze sorge il borgo noto in tutto il mondo come luogo di nascita di Leonardo da Vinci. Qui, dove arte e natura si fondono armoniosamente, è possibile immergersi nel passato e lasciarsi ispirare dal più celebrato genio del Rinascimento.

 

Nel cuore della Toscana

LigaDue, CC Share Alike 4.0 International via Wikimedia Commons

Arroccato sulle pendici del Montalbano, in un’area circondata da vigneti e oliveti che producono alcuni dei migliori prodotti della regione, Vinci è una meta ideale per allontanarsi dal caos del capoluogo. L’area offre infatti boschi antichi e siti archeologici che la rendono adatta anche a passeggiate ed escursioni. Secondo molti studiosi questi panorami furono un’importante fonte di ispirazione per lo stesso artista, che li avrebbe ritratti spesso come sfondo dei suoi dipinti. Per quanto le attrattive della zona non si limitino alla sola memoria leonardiana, è evidente che il principale centro d’interesse per i visitatori sia proprio colui che in queste terre trascorse i primi anni di vita.

 

La scultura dell’Uomo Vitruviano

ehud, CC 2.0 Generico via Wikimedia Commons

Un’ideale visita del borgo di Vinci ha inizio nella scenografica piazza Guido Masi. Qui si trova la scultura L’uomo di Vinci, realizzata e donata alla città nel 1987 dall’artista Mario Ceroli. L’opera, che oggi è il simbolo del paese, omaggia uno dei lavori più noti di Leonardo, in cui viene raffigurata una figura umana dalle proporzioni ideali. Da non perdere è il panorama sulla campagna che si gode affacciandosi dalla terrazza della piazza.

 

Sulle tracce di Leonardo

Sailko, CC 3.0 Unported via Wikimedia Commons

La principale destinazione per la maggior parte di coloro che arrivano in paese è il Museo Leonardiano, uno dei siti più frequentati della Toscana. Da non confondere con il Museo Leonardo da Vinci di Firenze, è articolato nelle due sedi della Palazzina Uzielli e del Castello dei Conti Guidi, entrambe situate all’interno della cinta medievale. Presenta un’ampia collezione di modelli e macchine che danno vita alle invenzioni del maestro, dagli studi sul volo a quelli di applicazione militare, dagli esperimenti di idraulica a quelli sull’anatomia umana, dai progetti di ottica a quelli delle macchine tessili. La raccolta rivela così l’opera di una mente eclettica ed instancabile, che ha brillato in campi eterogeni come la pittura, l’architettura, l’ingegneria e molteplici ambiti della scienza.

Per quanto costituisca un’attrattiva minore rispetto al museo, la Biblioteca Leonardiana è invece un punto di riferimento per ricercatori e appassionati. Qui sono infatti conservati testi e materiali che la rendono un centro di studi internazionale.

Infine, nella frazione di Anchiano a pochi chilometri dal centro si trova la casa natale di Leonardo. Il percorso espositivo è suddiviso tra la casa vera e propria e l’attigua casa colonica. Multimediale e interattivo, permette ai visitatori di rivivere alcuni aspetti dell’epoca e di conoscere più da vicino il contesto in cui l’artista è cresciuto.

 

Natale a Vinci

Per chi desiderasse visitare il borgo in questo periodo, il comune ha organizzato in occasione delle feste un ricco calendario di eventi che coinvolge anche le frazioni vicine. Tra questi sono previsti mercatini, concerti, presepi viventi e svariate iniziative culturali. Diversi alberi di Natale strategicamente posizionati creano inoltre un suggestivo percorso tematico. Un motivo in più per scoprire i segreti della città d’origine di una delle più grandi menti della storia.

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Le tradizioni natalizie fiorentine

Per la maggior parte di noi, presepe ed albero di Natale sono elementi imprescindibili per trascorrere come si deve il periodo delle feste. Il Natale a Firenze, tuttavia, è un’esperienza che riesce a combinare antico e moderno. Tra luminarie, adunate familiari e pasti luculliani, alle tradizioni radicate si affiancano attività recenti che i fiorentini dimostrano di apprezzare sempre più nel tempo. Con un occhio al folclore e uno all’innovazione, scopriamo come la città vive la festa più attesa dell’anno.

 

Il ceppo di Natale

Partiamo dalla più nota tra le tradizioni storiche, in realtà ormai relegata al passato e ricordata solo dai fiorentini più anziani. Il ceppo era una struttura piramidale realizzata con una manciata di assi di legno, sui cui ripiani trovavano posto piccoli regali come giocattoli, frutta e dolci. Posizionato solitamente in mezzo al tavolo della sala, diventava così il centro d’attenzione della famiglia, che il giorno di Natale vi si radunava attorno in attesa della messa di mezzanotte. I rituali legati a questa consuetudine erano sinonimo stesso della festività, al punto da rendere comune fino al secolo scorso l’augurio di “Buon Ceppo” per il 25 dicembre e di “Buon Ceppino” per Santo Stefano.

 

Messa di mezzanotte e mercatini

Se la tradizione del ceppo appartiene ormai alla memoria, per molti la notte di Natale è ancora oggi legata alla classica messa di mezzanotte. La cattedrale di Santa Maria del Fiore mantiene durante la festività il suo ruolo di cuore spirituale della città, ma sono molte le chiese in cui si celebra lo stesso rito. Limitandoci all’ambito dei principali luoghi di culto, menzioniamo la basilica di Santa Maria Novella, quella di Santa Croce e l’abbazia di San Miniato al Monte.

Sono invece aperti già da novembre i vari mercatini che animano le piazze di Firenze, a cominciare da quello di Santa Croce. Con la loro offerta di prodotti artigianali, decorazioni in legno, dolci tipici e idee regalo, le bancarelle assicurano una full immersion nella giusta atmosfera.

 

Ruota panoramica e pista di pattinaggio sul ghiaccio

Per chi è in cerca di svaghi più moderni, per quanto ricorrenti nel panorama festivo degli ultimi anni, la destinazione prediletta è la ruota panoramica di Piazza Vittorio Veneto. Dopo aver illuminato per alcuni anni il giardino della Fortezza, la Florence Eye ha trovato dimora già dall’anno scorso a fianco del parco delle Cascine. Con le sue 42 cabine e un’altezza di 55 metri, regalerà una prospettiva unica sulla città fino al 31 marzo 2025.

Sarà invece attiva fino al 19 gennaio la pista di pattinaggio sul ghiaccio di oltre 1.300 metri quadrati di superficie costruita al suo fianco. Ad arricchire le serate natalizie ci saranno anche alcuni spettacoli a tema e gli immancabili stand di cibo di strada.

 

Il treno della Befana

La mattina del 6 gennaio di ogni anno uno storico convoglio parte dalla stazione di Santa Maria Novella diretto verso la valle del Mugello. È l’occasione per vivere l’esperienza di un viaggio a bordo di carrozze d’epoca trainate da un’autentica locomotiva a vapore. Il treno raggiunge San Piero a Sieve e riparte per Firenze nel pomeriggio dopo un rinfresco. Niente di meglio di un’originale gita fuori porta per salutare con un senso di stupore il magico periodo delle feste.

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