4 novembre 1966: l’alluvione di Firenze
Il 4 novembre di cinquantotto anni fa, dopo dieci giorni di pioggia ininterrotta, il fiume Arno straripò dagli argini inondando il centro storico. L’alluvione di Firenze provocò molte vittime e danni incalcolabili in tutta la provincia. Ad essere colpito fu anche l’immenso patrimonio artistico della città, in soccorso del quale arrivarono da tutto il mondo i cosiddetti “angeli del fango“.
Una calamità inattesa
Sebbene nella memoria dei fiorentini a restare impresse furono soprattutto le immagini del centro della città sommerso dall’acqua e dal fango, gli eventi alluvionali dell’autunno 1966 anni fa riguardarono l’intero bacino idrografico dell’Arno, e in misura minore anche altre zone d’Italia.
Gli ultimi giorni di ottobre e i primi di novembre furono segnati da intense precipitazioni, che aumentarono di intensità nella giornata del 3. In città nessuno si preoccupò molto. Abituati alle piene del fiume, comuni durante la stagione, i fiorentini non si resero conto della forza devastante che stava per colpirli.
L’inondazione
La mattina del 4 novembre un’onda di tre metri si riversò nelle vie travolgendo automobili, abitazioni e edifici storici. Se non fosse stato un venerdì di festa nazionale, il numero di persone sorprese in strada sarebbe stato molto più alto e così il conto delle vittime. L’acqua sommerse case, negozi e monumenti, isolando la città e determinando anche l’interruzione dei servizi telefonici ed elettrici.
In un’epoca che ancora non prevedeva un sistema nazionale che potesse rispondere efficacemente all’emergenza, i soccorsi furono tardivi e privi di un vero coordinamento. Quando l’Arno si ritirò, nel corso dei due giorni successivi, lasciò la città sotto 600mila tonnellate di fango.
Nel complesso, l’alluvione provocò 35 vittime nella provincia di Firenze; le famiglie alluvionate furono quasi 20mila, e 4mila quelle rimaste senza casa.
Gli angeli del fango
Se ancora nel nostro Paese non esisteva una rete di soccorso organizzata, attivata solo alcuni anni più tardi, a mobilitarsi senza esitazione fu la gente comune. Accorsi da ogni parte d’Italia e da molti Paesi esteri, migliaia di volontari si misero al lavoro per salvaguardare il patrimonio culturale della città. Per quanto incruenti rispetto alle perdite umane, i danni provocati a monumenti e opere d’arte furono enormi. Nei magazzini della Biblioteca Nazionale Centrale innumerevoli preziosi manoscritti ed opere a stampa furono coperti di fango. Lo stesso accadde nei depositi degli Uffizi, che ospitavano lavori di indiscusso valore. Nella Basilica di Santa Croce, il Crocifisso di Cimabue rimase danneggiato nella quasi totalità. Gli angeli del fango salvarono dalla devastazione le inestimabili testimonianze di secoli di arte e di storia. Costituirono uno dei primi esempi di mobilitazione giovanile spontanea, e restano oggi tra le immagini più significative della tragedia.
Conseguenze indelebili
Le tracce fisiche della catastrofe rimasero impresse su moltissimi monumenti, edifici e chiese cittadine, e varie targhe ricordano il livello raggiunto dalla piena. Nel quartiere di Santa Croce, la targa di Via dei Neri segna il punto più alto toccato dall’acqua: 4 metri e 92 centimetri.
L’alluvione ebbe ripercussioni profonde anche sulla vita dei fiorentini, e molti tra coloro che persero case e attività si trasferirono altrove. I testimoni rievocano l’accaduto ancora oggi, a ricordo di un evento che cambiò radicalmente il volto di Firenze e la vita dei suoi abitanti.
Ricette gelato per un Halloween da brivido
Avete già organizzato il menu perfetto per la vostra cena di Halloween? Perché non concludere la serata con un dolce a tema a base di gelato, che evochi il vero spirito di questa ricorrenza? Se invece preferite celebrare streghe e fantasmi con un dessert nel pomeriggio, le proposte che seguono sono ideali anche per una merenda. Ecco le nostre raccomandazioni per una festa mostruosamente deliziosa.
Gelato alla zucca e cioccolato fondente
Una combinazione che unisce la dolcezza della zucca e l’intensità del cioccolato fondente. Avrete bisogno di una gelatiera domestica per questa ricetta. Gli ingredienti sono per 6 persone.
Partiamo dalla base per il vostro gelato. Mescolate 150 grammi di zucchero e 4 tuorli d’uovo. Quindi scaldate 200 grammi di latte e 200 grammi di panna fresca fino all’ebollizione. Togliete dal fuoco, unite tutti gli ingredienti e frullate. Infine riponete in frigorifero per raffreddare fino a 4°.
Tagliate una zucca rimuovendo la buccia e i semi in modo da ottenere 250 grammi di polpa. Cuocete in forno a 180° oppure in microonde per 30 minuti. Frullate e amalgamate con la base già preparata. Lasciate riposare in frigorifero per 30 minuti. Aggiungete il cioccolato in pezzi e inserite il composto nella gelatiera, lavorandolo fino a raggiungere la consistenza ottimale.
Per chi di voi fosse invece in cerca di un delizioso sorbetto alla zucca, vi aspettiamo all’Antica Gelateria Fiorentina.
Mandarini ripieni
Un semplice dolce che trasforma i mandarini in zucche gelato.
Lavate i mandarini e ritagliate con la punta di un coltello affilato la sagoma di occhi, naso e bocca. L’obiettivo è renderli somiglianti quanto più possibile ad una classica zucca di Halloween.
Tagliate e rimuovete le calotte, tenendole da parte per dopo. Svuotate delicatamente i mandarini, facendo attenzione a non rompere la buccia o danneggiare gli intagli realizzati. Se l’effetto non è soddisfacente potete riempire le forme di occhi, naso e bocca con della pasta di zucchero nera.
Riempite le coppette di mandarino con un gelato alla stracciatella e riposizionate la calotta. Riponete in freezer per almeno 2 ore e trasferite in frigorifero per 15 minuti prima di servire.
Soluzioni dell’ultimo minuto
I vostri invitati stanno per arrivare e non avete ancora un dolce da servire? Potete sempre imbandire la tavola con delle coppette gelato che richiamino colori e contrasti tipici di Halloween.
La prima soluzione prevede di utilizzare la classica combinazione cromatica di nero e arancione (o marrone scuro e arancione). Utilizzate un gelato al cioccolato fondente e un gusto mango, arancia, mandarino o pesca.
In alternativa, presentate delle coppette di gelato alla panna decorate con un topping all’amarena. Usate ingegno e fantasia per fare in modo l’effetto finale richiami delle gocce di sangue. Le suggestioni offerte della notte più spaventosa dell’anno faranno il resto.
Gelato artigianale: consumi e tendenze
Lasciata alle spalle un’estate ricca di spunti e novità, il gelato artigianale conferma di occupare un posto speciale nel cuore e nel palato degli italiani. Il mercato si presenta in ottima forma, con numeri e trend che dimostrano una crescita costante e un grande interesse per l’innovazione.
I dati del settore
C’era una volta il gelato come prodotto prevalentemente estivo. Se le torride giornate di qualche mese fa restano solo un ricordo, questo autunno ci ricorda come ormai da tempo il gelato sia un alimento amato e consumato in ogni stagione. In grado, tra l’altro, di giocare una parte fondamentale per tutto il mercato dei dolci e della pasticceria. Si tratta di un dato più volte rilevato anche dall’Osservatorio Sigep, da quarant’anni punto di riferimento per il food service dolce.
I numeri, del resto, sono significativi. Sono 39mila i punti vendita presenti sul territorio nazionale (di cui oltre 9mila gelaterie, 12mila pasticcerie e circa 18mila bar) che offrono gelato artigianale. Una filiera che nel complesso dà lavoro a più di 100mila persone. Gli ultimi anni hanno registrato un fatturato vicino ai 3 miliardi di euro, cifra che sul mercato europeo supera i 10 miliardi. Il trend viene peraltro rafforzato dalle stime, che prevedono un’ulteriore crescita nei prossimi anni, in particolar modo nelle città d’arte.
Tutto questo a dispetto del significativo aumento del prezzo al chilo, che a Firenze è stato del 26% in tre anni. Un rincaro dovuto innanzitutto all’aumento del costo di produzione delle materie prime come latte, zucchero, frutta e cioccolato, ma anche dei costi legati al trasporto e all’energia.
Salute e innovazione
Si stima che ogni italiano consumi in un anno una media di 2 kg di gelato artigianale. Ma quali sono i gusti più apprezzati e le tendenze più in voga?
Da una parte, i consumatori esprimono una crescente attenzione verso qualità del prodotto e stili di vita più sani. Questo si traduce ad esempio in un interesse sempre vivo verso ingredienti biologici, vegani e con un minore apporto zuccherino. Dall’altra, clienti e mastri gelatieri dimostrano un forte desiderio di innovazione, con proposte sempre nuove che si affiancano a quelle tradizionali. Accanto a gusti intramontabili come il cioccolato compaiono sapori legati al territorio come le erbe aromatiche, ad esempio il basilico o la lavanda. Mentre ai frutti esotici ormai da molti anni sdoganati come mango e papaya si uniscono il lichi e lo yuzu. Senza tralasciare coloro che sono in cerca di esperienze più audaci, ai quali sono dedicati i gusti più stravaganti del mondo.
Pistacchiomania
In molti ci avrebbero scommesso e così è stato: il pistacchio si è imposto come il gelato più amato dell’estate 2024. Un gusto che da nord a sud riesce a mettere d’accordo proprio tutti. Va da sé che gli appassionati troveranno all’Antica Gelateria Fiorentina di che soddisfare i propri desideri. Si va dal classico gelato realizzato con pistacchi siciliani 100% alla variegatura che impreziosisce il nostro gusto Persiano, uno dei più apprezzati dai clienti.
Tra antiche conferme e strabilianti scoperte, restiamo in attesa di quanto saprà regalarci in futuro il dinamico mondo del gelato artigianale.
Dalle borgate ai rioni: i quartieri storici di Firenze
Nel corso della sua lunga storia, la città di Firenze è stata oggetto di numerosi frazionamenti e raggruppamenti, necessari al buon governo della Repubblica. Il primo agglomerato romano aveva assorbito al suo interno intere borgate formatesi lungo le principali vie di comunicazione. Da qui iniziarono presto a definirsi delle vere sezioni amministrative che erano talvolta guidate dai propri capitani o gonfalonieri.
Ancora oggi gli attuali quartieri sono suddivisi in aree che comprendono talvolta solo una manciata di vie e piazze. Nonostante i molti cambiamenti occorsi nella seconda metà del Novecento, è tuttora possibile riscontrare nei vari rioni i tratti distintivi della loro identità.
I quartieri storici
Già dall’epoca romana la città fu più volte tagliata in quattro o sei ripartizioni, dettate dal progressivo allargamento della cerchia muraria. La rivoluzione maggiore arrivò tra il 1284 e il 1333, con la costruzione delle mura che avrebbero difeso Firenze per i cinque secoli successivi. I quartieri istituiti pochi anni più tardi, che costituiscono quello che è oggi considerato il centro storico della città, presero il loro nome dai principali luoghi di culto presenti sul loro territorio: San Giovanni nel quadrante nord-est, Santa Maria Novella a nord-ovest, , Santa Croce a sud-est e Santo Spirito a sud-ovest. In piazza della Repubblica la Colonna dell’Abbondanza, che contraddistingueva l’antico centro, segna il confine dei primi tre (resta escluso Santo Spirito che si trova oltrarno).
Dal 1930 ad ogni quartiere è associata una squadra che prende parte al torneo del calcio storico fiorentino. Sebbene nei duecento anni precedenti non fossero state organizzate le caratteristiche partite, negli anni la tradizione si è riaffermata ed è profondamente legata all’identità dei vari quartieri. Oggi è la manifestazione rievocativa più importante della città, tenuta in piazza Santa Croce in occasione degli annuali festeggiamenti di San Giovanni.
La vita nei rioni
I fiorentini cresciuti nel periodo del dopoguerra sono particolarmente legati al ricordo degli aspetti familiari che contraddistinguevano le strade della loro giovinezza. I rioni del perimetro cittadino somigliavano a tanti piccoli paesi, ognuno con una propria comunità dalla personalità definita. La vita rionale si sviluppava attorno a luoghi di aggregazione come parrocchie, case del popolo, campetti di calcio, botteghe e mercati.
Perdita e recupero dell’identità rionale
Tra gli anni Sessanta e Settanta del Novecento, una serie di trasformazioni urbanistiche, sociali ed economiche iniziò ad erodere il carattere distintivo dei rioni. L’alluvione del 1966 fece da spartiacque ed inaugurò un’epoca di cambiamenti. Il boom edilizio e la motorizzazione di massa portarono i fiorentini fuori dal centro, modificando così la fisionomia e le dinamiche della città.
Oggi Firenze si estende su cinque quartieri, il primo dei quali comprende il centro storico. È indicativo che i quartieri periferici contino in larga misura una superficie e una popolazione superiori alla porzione di città racchiusa entro il perimetro originale. Anche i suoi abitanti, del resto, non somigliano molto ai genitori e ai nonni che un tempo facevano la spola tra la chiesa e il campo di calcio in bicicletta o in lambretta. Eppure, gli ultimi anni hanno visto rifiorire l’interesse nei confronti di una dimensione più umana della città. Un ritorno ad una visione della comunità come parte integrante del territorio, che vedrà forse un parziale riscatto della bottega sotto casa nei confronti dell’impersonale supermercato.
La giornata mondiale dell’alimentazione
Il 16 ottobre 1945 fu fondata a Québec in Canada l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura, o FAO. Ogni anno in questa data, la giornata mondiale dell’alimentazione ricorda la nascita di questo organismo e i suoi importanti obiettivi.
La necessità di una sensibilizzazione globale
La FAO fu istituita con il proposito di aumentare in tutto il mondo i livelli di nutrizione e di produttività agricola, di migliorare la vita delle popolazioni rurali e di contribuire alla crescita economica. In quest’ottica, la giornata dell’alimentazione si propone di coinvolgere l’opinione pubblica riguardo a tematiche come povertà, fame, malnutrizione e sicurezza alimentare. E ogni anno un diverso tema evidenzia quali sono le problematiche più critiche allo scopo di definire un approccio comune che permetta di affrontarle.
Nel 2023 l’attenzione si è concentrata sulle difficoltà che molte popolazioni affrontano nell’approvvigionamento di acqua e sulla necessità di una gestione oculata delle risorse idriche. La cerimonia di quest’anno verterà invece sul tema “Diritto al cibo per una vita e un futuro migliori”. L’evento prevede numerose iniziative e attività di sensibilizzazione in 150 Paesi per tutto il mese di ottobre. Attraverso l’hashtag #GiornataMondialeAlimentazione è anche possibile partecipare in prima persona sui social network e seguire chef, sostenitori e influencer che prendono parte all’evento.
Chi è interessato da questi problemi?
Nelle parole della stessa FAO, “cibo” vuol dire diversità, nutrizione, disponibilità e sicurezza. Nei nostri campi, nei nostri mercati e sulla nostra tavola dovrebbe essere disponibile una maggiore varietà di alimenti nutrienti, affinché tutti possano trarne beneficio. Questo proposito assume un aspetto allarmante se confrontato con i 2,8 miliardi di persone che tutt’oggi non sono in grado di permettersi una corretta alimentazione. Un dramma che non riguarda solo le aree più povere del pianeta, visto che denutrizione, carenze di micronutrienti e obesità sono presenti anche nei Paesi più ricchi e trasversali rispetto alle classi socioeconomiche. Basta osservare i rapporti ISTAT per rilevare come anche in Italia, patria della dieta mediterranea, l’incidenza di obesità e sovrappeso assuma i caratteri di un’epidemia. Nel complesso, l’eccesso di peso riguarda quasi la metà della popolazione italiana, e bambini e adolescenti coprono oltre un quarto di questa cifra.
Che cosa si intende per corretta alimentazione
In estrema sintesi, può essere definita corretta un’alimentazione che permetta ad ognuno di noi di condurre una vita sana e attiva. Questo comprende l’adottare una dieta diversificata ed equilibrata nell’apporto energetico, che soddisfi il fabbisogno nutrizionale e limiti l’assunzione di sostanze nocive. Ancora più semplicemente, significa riuscire ad acquisire una consapevolezza sempre maggiore di quali siano i comportamenti che ci rendono consumatori attenti e responsabili.
Un obiettivo comune
In ultima analisi, la giornata mondiale di quest’anno evidenzia come sia necessaria una maggiore varietà di alimenti nutrienti, sicuri, sostenibili e a prezzi accessibili. Una chiamata all’azione che richiede il contributo di governi ed istituzioni, aziende private, agricoltori e singoli individui, e che beneficia della collaborazione di tutti.
Le api e la salvaguardia della biodiversità
Le api svolgono un ruolo insostituibile e spesso sottovalutato nel mantenimento della salute del pianeta. Questi piccoli insetti sono in effetti i principali artefici della riproduzione di una vasta gamma di piante, incluse molte specie che costituiscono la base della nostra alimentazione. Proteggere le api è un aspetto fondamentale nella conservazione della biodiversità.
Il ruolo delle api nel nostro ecosistema
Le api ricoprono una posizione essenziale grazie alla loro funzione di impollinatori. Attraverso il trasferimento del polline da un fiore all’altro, esse facilitano la nascita di nuovi germogli e consentono la continua fioritura delle piante. Senza la loro attività incessante, molte specie vegetali smetterebbero di riprodursi, con conseguenze devastanti per la catena alimentare globale.
Negli ultimi anni, purtroppo, si è osservato un preoccupante declino nel numero di api. Tra i fattori che contribuiscono a questo effetto figurano l’azione invasiva dell’uomo, l’uso massiccio di pesticidi, l’inquinamento atmosferico e i cambiamenti climatici. È in quest’ottica che diventa indispensabile riuscire a scongiurare il rischio che nei prossimi anni questa specie possa estinguersi.
Dall’alveare alla tavola
Al di là del ruolo che le api occupano nell’equilibrio naturale, non va dimenticato che dalla loro attività derivano prodotti alimentari che da sempre sono apprezzati per il loro gusto e le loro proprietà. Come il polline e la propoli, alimenti ricchi di proteine, vitamine e minerali che vengono utilizzati come integratori per rafforzare il sistema immunitario. O la pappa reale, prodotta dalle api regine, anch’essa vero concentrato di nutrienti estremamente funzionali all’energia fisica e alla rigenerazione cellulare.
È però il miele il principale prodotto apistico che arriva sulle nostre tavole. Dolcificante naturale dalle proprietà antibatteriche e decongestionanti, è il frutto della trasformazione del nettare o della melata da parte delle api. Si tratta di un ingrediente particolarmente prezioso anche nel mondo della gelateria. All’Antica Gelateria Fiorentina realizziamo ad esempio un gelato soffice e delicato chiamato Ambrosia, nato da un esperimento di gioventù del nostro Maestro Gelatiere. Lo produciamo a partire da yogurt fresco intero, cannella e miele millefiori. Un motivo in più per dedicare alle api l’attenzione che meritano e dare il nostro apporto per la loro salvaguardia.
L’obiettivo di uno sviluppo sostenibile
Per proteggere le api e il nostro ecosistema è fondamentale adottare una serie di misure concrete. Innanzitutto, possiamo ridurre l’uso di pesticidi e sostituirli con alternative più ecologiche che non danneggino gli impollinatori. La promozione dell’agricoltura biologica e della biodiversità nelle coltivazioni è un altro passo importante, così come la creazione di spazi verdi nelle aree urbane.
La valorizzazione di un’apicoltura locale e rispettosa dell’ambiente, infine, è una delle migliori forme di sviluppo sostenibile. Supportare i prodotti apistici della propria zona è un modo per sostenere i piccoli apicoltori, che lavorano a stretto contatto con le api e si impegnano nella loro difesa. Per questo l’Antica Gelateria Fiorentina ha adottato due alveari. Il primo presso un’azienda a conduzione familiare presente sulle colline fiorentine e sul monte Amiata. Il secondo nell’ambito del progetto 3Bee, che utilizza tecnologie avanzate a tutela della biodiversità.
Si tratta di piccoli gesti che possono fare la differenza nell’importante proposito di instaurare un circolo virtuoso. Da una parte, la necessità di uno sviluppo produttivo che non può più permettersi di non essere sostenibile. Dall’altra, la salvaguardia di una varietà biologica e dell’intero ecosistema che da essa dipende.
La Festa di Santa Reparata
Tra le molte ricorrenze che ogni anno rievocano le antiche tradizioni fiorentine, la festa di Santa Reparata fa riferimento ad uno specifico episodio storico. Nell’agosto dell’anno 406 gli Ostrogoti assediarono Firenze, minacciando di distruggerla in quella che prometteva di essere una battaglia senza speranza di salvezza. Secondo la leggenda, la città riuscì a resistere alla devastante invasione proprio grazie all’intercessione di Santa Reparata, patrona di Firenze insieme a San Giovanni.
Un intervento provvidenziale
Quando gli invasori Ostrogoti si affacciarono alle porte di Firenze, la città mantenne alte le speranze anche grazie al carisma del vescovo Zanobi, che aveva un grande ascendente sulla popolazione. Le costanti invocazioni a Santa Reparata sembrarono trovare risposta nel momento in cui, dopo giorni di assedio, giunsero in soccorso le truppe dell’esercito romano. Comandate dal condottiero Silicone, queste sconfissero gli Ostrogoti e permisero a Firenze di conservare la propria indipendenza e la propria identità. Sebbene la battaglia abbia avuto luogo il 23 agosto, i fiorentini scelsero di ricordarla l’8 ottobre, giorno dedicato al martirio della protettrice.
La prima cattedrale di Firenze
A seguito di questa storica vittoria, la città destinò al culto della santa la principale basilica della città. Si tratta dell’antica cattedrale sul cui sito fu poi eretta Santa Maria del Fiore, il Duomo di Firenze, a partire dal 1296.
Gli scavi archeologici avvenuti tra gli anni Sessanta e Settanta del Novecento permisero di ricostruire la pianta dell’edifico originale, che è oggi visitabile. La chiesa ospita i sepolcri dei papi Stefano IX e Niccolò II, di vari vescovi fiorentini e di figure di rilievo come Filippo Brunelleschi.
I festeggiamenti
I fiorentini hanno rispettato la ricorrenza dell’8 ottobre per molti secoli prima che questa cadesse nel dimenticatoio. Gli ultimi anni tuttavia hanno visto una riscoperta di questa festa, celebrata oggi con alcuni riti tradizionali. Generalmente il Corteo Storico sfila per le strade del centro per portare in omaggio a Santa Reparata una ghirlanda di mirto ed un cero. Segue una cerimonia serale, che proprio nella cripta dell’antica cattedrale rievoca l’importante ruolo che la protettrice di Firenze ha avuto nella storia culturale della città.
Il gelato al cinema – Parte 2
Qualche tempo fa abbiamo pubblicato un articolo che proponeva alcune delle scene cinematografiche più celebri in cui i personaggi gustassero un gelato. Avevamo citato Mamma, ho perso l’aereo, Wonder Woman, Vacanze romane, Forrest Gump e Pulp Fiction. Su Facebook il vostro riscontro è stato entusiastico, e ci avete indicato vari film in cui gelati e milkshake sono presenti. Tra i titoli suggeriti figurano film molto diversi tra loro, come Grease, Distretto 13 – Le brigate della morte e Ponyo. Che il nostro amato dessert abbia un ruolo da veri protagonisti nella sequenza o che rappresentino solo un arricchimento allegorico, ci sembrava quindi giusto presentare una nuova raccolta di scene tratte dal piccolo e dal grande schermo. Buona visione.
La vita è meravigliosa (1946)
Partiamo da un classico della cinematografia, l’opera più acclamata del regista Frank Capra. Il giovane commesso George Bailey serve un gelato alla sua amica e futura sposa Mary. La ragazza chiede una coppa di cioccolato senza guarnizione di cocco. Questo è sufficiente a spingere George in un appassionato resoconto sulle esotiche origini del cocco, e soprattutto sul proprio progetto di diventare un grande esploratore. Gli imprevisti della vita gli insegneranno che spesso le cose non vanno secondo i piani, e che non sempre questo è un male.
Mamma, ho riperso l’aereo: mi sono smarrito a New York (1992)
Non poteva mancare il seguito del film che apriva il primo articolo. Nuove vacanze di Natale, vecchi problemi. La famiglia McCallister è sempre alle prese con la scomparsa del piccolo Kevin, ancora una volta rimasto senza genitori. In questa occasione la location è il lussuoso hotel Plaza di Manhattan, con tanto di cameriere in livrea che serve il gelato. “Due cucchiai, signore?”, chiede questi. “Due?” risponde Kevin, “Faccia tre. Non devo guidare”.
Da grande (1987)
In mezzo a tante pellicole statunitensi ne presentiamo anche una italiana. Uscì appena sei mesi prima dell’americano Big (interpretato da Tom Hanks), di cui è considerato un accidentale precursore. Il giorno del suo ottavo compleanno, Marco esprime il desiderio di diventare adulto. Un incantesimo realizza il suo sogno. Renato Pozzetto, che interpreta il candido protagonista ormai cresciuto nel fisico, ordina un gelato crema-cioccolato-fragola-banana-limone-torrone-amaretto-malaga e panna. A chi non piacerebbe?
Che pasticcio, Bridget Jones (2004)
Nel secondo capitolo della saga sulla single più disperata d’Inghilterra, Renée Zellweger si aggira per casa con una coperta addosso e un barattolo di gelato Ben&Jerry. Afflitta da inesauribili pene d’amore, l’inconsolabile Bridget confessa: “Mi sto godendo una relazione con due uomini allo stesso tempo: uno si chiama Ben, l’altro Jerry”.
Friends (1994-2004)
Una divagazione dal grande al piccolo schermo per una delle sitcom più amate ancora oggi, che vede protagonisti sei amici di New York. Si tratta di una scena molto divertente della terza stagione della serie. Monica e Rachel offrono a Chandler un grosso barattolo di gelato a consolazione delle sue difficoltà relazionali. “Questo gelato fa schifo”, dice lui. “In effetti è una di quelle porcherie ipocaloriche alla soia” risponde Rachel, “Quello vero lo teniamo da parte soltanto per i casi terminali.”
Gelato o croissant?
Chiudiamo con una curiosità poco nota, per la precisione un gelato mancato nella celebre scena d’apertura del film Colazione da Tiffany. Fedele al romanzo di Truman Capote, la sceneggiatura prevedeva che il personaggio di Holly Golightly facesse colazione davanti alla vetrina della gioielleria newyorkese. Non amando le paste dolci, l’attrice Audrey Hepburn domandò che il croissant indicato nello script fosse sostituito con un cono gelato. Il regista Blake Edwards si oppose fermamente alla richiesta, e la scena fu girata come era stata originariamente pensata e come oggi la conosciamo.
Vi lasciamo con un invito dedicato a cinefili e appassionati dalla buona memoria. Ricordate altre sequenze cinematografiche o televisive che ruotano attorno ad un gelato? La sfida è lanciata.
Il caffè: storia e storie di una bevanda miracolosa
Martedì primo ottobre si festeggia l’annuale giornata mondiale del caffè. È l’occasione per celebrare una bevanda che in tutto il mondo rappresenta per tantissime persone un rituale quotidiano dalle connotazioni quasi sacre.
Sostenuta dall’Organizzazione Internazionale del Caffè, la giornata fu lanciata nel 2015 nel corso dell’Esposizione Universale di Milano. Il tema centrale della manifestazione era “nutrire il pianeta, energia per la vita”. In linea con questa visione, la ricorrenza si propone tra le altre cose di promuovere un commercio equo e solidale, nonché di sensibilizzare l’opinione pubblica sulle difficoltà affrontate dai coltivatori.
Tra storia e leggenda
Le prime evidenze verosimili relative alla conoscenza e alla diffusione del caffè risalgono alla metà del XV secolo. Sembra che nell’attuale Yemen il processo di tostatura e preparazione dei chicchi fosse all’epoca già relativamente simile alla procedura utilizzata oggi. L’importazione in Europa due secoli più tardi suscitò immediatamente grande interesse; molti accolsero però la novità con sospetto, al punto da considerarla perfino pericolosa. Il medico e letterato toscano Francesco Redi, che considerava il vino l’unico nettare degno di riconoscimento, si espresse addirittura in questi termini:
«Beverei prima il veleno / Che un bicchier, che fosse pieno / Dell’amaro e reo caffè.»
Per fortuna dei posteri, il definitivo successo della bevanda era già stato decretato da papa Clemente VIII, che qualche anno prima l’aveva dichiarata deliziosa. Le caffetterie europee sarebbero presto diventate centri vitali di scambio intellettuale, attorno ai quali ruotavano artisti, filosofi e uomini d’affari.
La scoperta del caffè è però legata anche a numerose leggende che sono probabilmente solo frutto di fantasia. La più celebre riguarda un pastore etiope del IX secolo di nome Kaldi. Dopo aver notato che le sue capre diventavano molto vivaci dopo aver mangiato le bacche rosse di un particolare arbusto, un giorno decise di assaggiarle anche lui. Il loro effetto energizzante lo colpì a tal punto che decise di portare le bacche a un monaco di un vicino monastero. Non approvandone l’uso, questi le gettò nel fuoco e senza volere ne sprigionò così un aroma delizioso. I chicchi, ora arrostiti, furono rapidamente recuperati dalle braci, macinati e mescolati con acqua calda, dando vita alla prima tazza di caffè della storia.
Infinite incarnazioni
Dalla classica moka al moderno cold brew, ogni metodo di preparazione esalta diverse note aromatiche. La versatilità del caffè lo rende però protagonista di una varietà di applicazioni anche in ambito gastronomico, specialmente in pasticceria. Se il primo dolce a cui tutti pensano è il tiramisù, vale la pena ricordare le innumerevoli creazioni che è possibile realizzare a partire da questo ingrediente, come torte, semifreddi e bignè. All’Antica Gelateria Fiorentina lo proponiamo in due varianti tutte da gustare: un classico gelato e in forma di affogato.
Il ruolo del caffè in un’economia globale
Oggi l’amata bevanda riveste una posizione rilevante da un punto di vista macroeconomico. Le piante da cui deriva costituiscono la coltivazione più importante nei Paesi in via di sviluppo, in particolar modo in Africa orientale e Centro America. La naturale instabilità economica di questo mercato favorisce gli esportatori a discapito dei piccoli coltivatori, che a causa del loro persistente bisogno di liquidità non sono in grado di negoziare prezzi convenienti.
Anche per questo, l’adozione di un commercio equo e solidale è un tema molto dibattuto nell’universo del caffè. Per quanto le implicazioni economiche ed etiche di questo sistema siano variabili, privilegiare relazioni commerciali fondate sul dialogo, la trasparenza e il rispetto permette di garantire una maggiore equità degli scambi. Grazie a queste partnership, i produttori beneficiano di condizioni migliori ed hanno un ruolo attivo nell’ambito di uno sviluppo sostenibile. Le pratiche agricole adottate in quest’ottica rispettano tematiche di grande importanza, come ambiente, lavoro forzato e lavoro minorile.
Dal coltivatore al consumatore, la scelta di una filiera certificata contribuisce a tutelare il patrimonio economico, ambientale, umano e culturale dei Paesi interessati. Una presa di coscienza fondamentale per una bevanda così speciale, la cui storia passata e presente richiama un viaggio che attraversa secoli, continenti e civiltà.
Il dialetto fiorentino e la nascita della lingua italiana
La storia della lingua italiana è profondamente legata al vernacolo parlato a Firenze durante il Medioevo. Il cosiddetto volgare fiorentino non era certo l’unico dialetto in Italia, dove le diverse regioni comunicavano attraverso varietà locali del latino, evolutesi in modi diversi nel corso dei secoli. Il fiorentino tuttavia ha avuto un ruolo centrale nella standardizzazione della lingua grazie a una serie di fattori storici, culturali e letterari.
Dal latino al volgare
Con la caduta dell’Impero Romano e l’inizio del Medioevo, il latino classico perse la sua omogeneità, evolvendosi in una serie di dialetti regionali. Questi dialetti si svilupparono in parallelo, riflettendo le specificità geografiche e sociali di ogni area.
La Firenze del XIII e XIV secolo era una delle città più prosperose e influenti d’Italia. Oltre a essere un centro economico e politico di primaria importanza, la città fioriva culturalmente grazie a intellettuali, poeti e scrittori. Questo ambiente favorì lo sviluppo di una produzione letteraria che, per la prima volta, trovò espressione non in latino, ma in volgare.
Tra i grandi protagonisti di questo movimento culturale emergono figure come Dante Alighieri, Francesco Petrarca e Giovanni Boccaccio. Questi tre autori, noti come le “Tre Corone” della letteratura italiana, non solo resero il volgare fiorentino il veicolo di espressione delle loro opere, ma ne elevarono lo status. Dimostrarono infatti che questa lingua, fino ad allora considerata meno nobile rispetto al latino, poteva essere un mezzo adatto per trattare temi elevati e universali.
L’idea di una lingua comune
Il contributo più significativo alla nascita dell’italiano moderno venne senza dubbio da Dante Alighieri, le cui opere sono considerate pietre miliari della letteratura mondiale. La lingua usata nella Divina commedia era un raffinato compromesso tra il parlato quotidiano fiorentino e un linguaggio più elevato. Dante scelse deliberatamente di abbandonare il latino per aprirsi ad un pubblico più ampio rispetto a quello erudito. La sua idea era di promuovere un volgare illustre, che potesse rappresentare la diversità linguistica dell’Italia e al tempo stesso unificare culturalmente il Paese.
L’Accademia della Crusca e l’Unità d’Italia
Con il tempo, il prestigio letterario del volgare si diffuse in tutta Italia. Nel Rinascimento, grazie anche alla diffusione della stampa e all’influenza dei grandi centri culturali come le Accademie, il fiorentino divenne il modello di riferimento per la lingua scritta. Nel XVI secolo nacque a Firenze anche l’Accademia della Crusca, che iniziò a codificare e preservare la purezza della nuova lingua, contribuendo ulteriormente al suo sviluppo. La consacrazione definitiva avvenne infine ad opera di Alessandro Manzoni, che per i Promessi Sposi la scelse come unica lingua in grado di rappresentare tutta la popolazione.
In ogni caso ci volle del tempo prima che questa varietà linguistica venisse adottata in tutte le regioni. Solo a partire dal XIX secolo, con l’Unità d’Italia e l’alfabetizzazione di massa, l’italiano iniziò di fatto ad essere realmente impiegato come lingua nazionale.
Un museo per la lingua italiana
Oggi il vernacolo fiorentino è un dialetto principalmente parlato, immediatamente riconoscibile soprattutto grazie alle caratteristiche consonanti aspirate e alle molte espressioni colorite. La sua straordinaria fioritura letteraria e l’influenza culturale della città vengono ricordati anche nel primo grande museo della lingua italiana. Il Museo nazionale dell’Italiano (MUNDI) è stato inaugurato due anni fa nell’ex monastero della Santissima Concezione, all’interno del complesso di Santa Maria Novella. Attualmente non è visitabile a causa dei lavori di completamento della struttura, ma la riapertura è prevista nel corso del 2024. Il museo affianca tecnologie multimediali ed interattive ad elementi espositivi tradizionali come manoscritti, libri e quadri, ripercorrendo così la storia della lingua italiana tra passato, presente e futuro.