I musei di Firenze: la Galleria degli Uffizi

La culla del Rinascimento ospita musei in grado di soddisfare i gusti di ogni genere di visitatore. Tra le istituzioni storiche, gli Uffizi rappresentano il fiore all’occhiello del turismo artistico, grazie a una raccolta di opere che per quantità e qualità rende questa destinazione una delle più ambite al mondo.

 

Il museo

La Galleria degli Uffizi fa parte del complesso che comprende Palazzo Pitti, il giardino di Boboli e il Corridoio Vasariano, quest’ultimo di recente riapertura dopo svariati anni di chiusura per manutenzione.

Costruita negli anni 60 del XVI secolo dall’architetto Giorgio Vasari per volontà del duca Cosimo I de’ Medici, la struttura era destinata all’epoca agli uffici delle tredici magistrature che regolavano la funzione governativa dello Stato mediceo. Lo stesso nome Uffizi richiama la finalità amministrativa dell’istituzione. Fu solo negli anni successivi che Francesco I, figlio di Cosimo, decise di adibire la loggia dell’ultimo piano a galleria personale. Vi raccolse un’imponente collezione che comprendeva dipinti, statue, armature e strumenti scientifici, rendendola visitabile su richiesta e inaugurando così la storia museale del complesso.

Nel corso dei secoli le famiglie dei Medici e dei Lorena hanno a più riprese ampliato la struttura architettonica dalla galleria e arricchito la raccolta. Sopravvissuti ai saccheggi napoleonici nel XIX secolo e a quelli dei nazisti durante la seconda guerra mondiale, nonché all’alluvione del 1966, gli Uffizi sono oggi il museo d’arte più visitato d’Italia e una delle più celebrate glorie di Firenze.

 

La collezione

Il nucleo centrale dell’esposizione deriva dalla raccolta della famiglia Medici, che comprende i più importanti capolavori al mondo del Rinascimento fiorentino. Le opere pittoriche esposte risalgono però ad un periodo più ampio, che va dal medioevo all’età moderna, e ad esse si affiancano le statue e i busti realizzati in epoca romana che adornano i corridoi della galleria.

Il museo vanta la maggiore collezione esistente di Raffaello Sanzio e Sandro Botticelli (che include il suo lavoro più apprezzato, la Nascita di Venere), e i principali nuclei di artisti come Giotto, Tiziano, Caravaggio, Piero della Francesca, Michelangelo e Leonardo da Vinci. Accanto alle loro opere compaiono inoltre alcuni capolavori della tradizione tedesca, olandese e fiamminga.

 

Un quartiere trasformato

L’area occupata oggi dal piazzale e dall’edificio del museo aveva un aspetto molto diverso prima che Cosimo I decidesse di destinarvi una nuova sede governativa. Pochi sanno che questo rione popolare, dove sorgeva anche il porto fluviale della città, era conosciuto come quartiere della Baldracca, dall’insegna di un’omonima osteria locale. L’area era nota per essere particolarmente malfamata, come narrato anche da Petrarca e Boccaccio. Non stupisce quindi che il granduca abbia deciso di smantellarla nel quadro della riorganizzazione cittadina volta al maggiore accentramento del potere governativo di Firenze.

 

La sindrome degli Uffizi?

Quando lo scrittore Marie-Henri Beyle, meglio conosciuto come Stendhal, descrisse nel 1817 l’inconsueta sindrome che oggi porta il suo nome, aveva appena concluso una visita alla basilica di Santa Croce. Come osservato però solo nella seconda metà del Novecento, questo malessere sembra verificarsi in particolar modo alla Galleria degli Uffizi. Immortalato al cinema nel film di Dario Argento, che proprio qui è ambientato, può essere descritto come l’affezione psicosomatica che, alla vista di opere d’arte particolarmente evocative, provoca confusione, vertigini e allucinazioni. Lo stesso Eike Schmidt, direttore del museo fino allo scorso anno, ha dichiarato di aver assistito a casi in cui i visitatori sono svenuti al cospetto di un’intollerabile concentrazione di bellezza.

L’effettiva esistenza di questo disturbo è ancora oggi dibattuta, ma certo non costituisce un motivo valido per astenersi da una visita agli Uffizi. Resta indubbio il potere che i grandi capolavori possono talvolta esercitare sull’animo umano, un’esperienza estatica che Stendhal descrisse come “quel livello di emozione dove si incontrano le sensazioni celesti date dalle arti ed i sentimenti appassionati”.

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